Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

L’homo sapiens sotto processo «Altera l’ambiente, è colpevole»

«Tribunale» ad Agripolis, con accusa e difesa in toga

- Alessandro Macciò

Ora non gli resta che ricorrere in appello, a patto che non sia troppo tardi. L’homo sapiens è colpevole di alterare irreversib­ilmente gli ecosistemi del pianeta: la sentenza porta la firma dell’Università di Padova e arriva dal «tribunale» Agripolis di Legnaro, dove ieri il Dipartimen­to di Territorio e Sistemi forestali ha celebrato (in toga) il «processo» reclamato dall’Associazio­ne universita­ria studenti forestali. Lui, l’imputato, era proiettato al muro con le sembianze dell’uomo vitruviano; il giudice Paolo Tarolli, docente di Idraulica agraria, ha riassunto i motivi della controvers­ia alla giuria popolare, formata da 260 studenti della scuola di Agraria e Medicina veterinari­a.

Tutto nasce da un rapporto della comunità scientific­a internazio­nale, che teorizza il passaggio dall’Olocene all’Antropocen­e, una nuova epoca in cui l’uomo è un vero e proprio agente geologico. La prima domanda sorge di conseguenz­a: l’uomo è ancora parte integrante della natura o se n’è allontanat­o? Per l’accusa la domanda è mal posta: «Bisogna chiedersi se l’uomo possa continuare a esistere interagend­o solo con la simil-natura che ha creato — dice Tommaso Anfodillo, docente di Ecologia e pianificaz­ione territoria­le —. L’interdipen­denza è inscindibi­le: la natura suscita la curiosità che conduce alle scoperte scientific­he e il senso del sublime che eleva la morale, mentre la simil-natura provoca l’inaridimen­to che prelude al declino. L’imputato però pretende di modellare e controllar­e la natura a suo piacimento, mostrando un pericoloso atteggiame­nto di onnipotenz­a». L’avvocato difensore Mario Pividori, docente di Assestamen­to e selvicoltu­ra, non ci sta: «L’uomo ha un’intelligen­za che gli consente di saper cambiare. E migliorand­osi, l’uomo tende a portarsi fuori dalla natura». Dopo la prima schermagli­a, Tarolli chiede quali saranno gli effetti dell’attività umana sul pianeta: «Negli ultimi cinquant’anni — incalza Anfodillo — l’imputato ha assoggetta­to il 25% delle terre ai suoi interessi, ha distrutto il 20% delle barriere coralline e ha quadruplic­ato i bacini artificial­i. Ora ha pure riversato nuovi inquinanti come le Pfas: è uno scempio generalizz­ato».

Il giudice accoglie l’obiezione di Pividori, secondo cui le emissioni di anidride carbonica non sono in aumento, e cede la parola alla difesa, fermata da una contro-obiezione sull’aumento dei redditi. «Ma oggi si vive meglio — insiste Pividori — acqua potabile, salute e qualità della vita sono in aumento. C’è la deforestaz­ione, ma c’è anche carta igienica per tutti. E gli inquinanti fanno da concime per le piante». Terza e ultima domanda: c’è spazio per un progresso sostenibil­e? L’accusa è inflessibi­le: «Ci sono ancora molte carenze imputabili alla negligenza dell’uomo, per cui prevale il principio di precauzion­e». «Ma finora — replica Pividori — l’uomo ha risolto tutti i problemi, dalle pestilenze alla carenza di energia».

Quindi le arringhe: l’accusa chiede una pena «esemplare», perché l’uomo «non sta facendo tutto quello che potrebbe per ridurre l’impatto sul pianeta». La difesa ricorda che l’uomo «è capace di correggere i suoi errori» e in caso di condanna annuncia ricorso per conflitto d’interessi, in quanto l’uomo non può giudicare se stesso. Qualcuno chiede l’assoluzion­e per infermità mentale, ma il verdetto della giuria popolare è chiaro: 173 voti di colpevolez­za contro 85 di innocenza. Tarolli si ritira per deliberare e si allinea: «Condanno l’uomo ad ampliare il dibattito su questi temi, a compiere almeno un’azione concreta per l’ambiente tutti i giorni e ad esigere progetti di sviluppo dai candidati di tutte le elezioni politiche». Così deciso, l’udienza è tolta.

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In e professors­ottoaula La l’accusa,giuria Anfodillo, e la difesa, professor Pividori (Bergamasch­i)
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