Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Così Trento sostiene i residenti
Reddito, casa e sostegno alle famiglie con malati gravi. Sono questi i settori del welfare per i quali la Provincia autonoma di Trento ha inserito il concetto di residenzialità, dando di fatto la precedenza a chi abita in Trentino da almeno due anni, per ottenere l’assegno di cura, fino ai cinque anni per aver l’assegno regionale di assistenza al nucleo famigliare.
L’accesso ai residenti è inoltre elemento di valutazione nelle graduatorie per l’accesso alle case pubbliche, che però tiene conto in primis dello stato economico dei richiedenti e dell’eventuale presenza nel nucleo famigliare di persone ammalate o non autosufficienti. Nelle misure di sostegno alla politica sociale collegate alla residenzialità non compare il settore scuola: sono infatti libere le graduatorie per l’accesso agli asili nido o scuole materne, il pagamento delle mense, il buono libri, o qualsiasi altro finanziamento per il comparto scolastico. «Ci teniamo a sottolineare che qui in Trentino la scuola è il principale posto di interazione tra studenti e di integrazione con gli stranieri - spiega Andrea Grosselli, segretario generale della Cgil del Trentino - stiamo cercando di sviluppare politiche che agevolino l’iscrizione di tutti ai nidi e alle materne: che siano stranieri o trentini i bambini hanno tutti le stesse garanzie e gli stessi aiuti, la residenza con loro non c’entra nulla».
Così come non esiste la graduatoria con precedenza territoriale per le case di riposo. In questo caso è l’assegno di cura a fare la differenza: in Veneto viene dato a tutti, mentre in Trentino hanno la precedenza le famiglie che risiedono lì da almeno due anni. A Trento quindi, a parte l’accesso alle graduatorie per la casa, non si fa riferimento alla residenzialità per avere i servizi, se ne parla solo per i sostegni economici in favore di persone o nuclei in difficoltà. Il Trentino inoltre ha già introdotto il reddito di cittadinanza. Si chiama reddito di garanzia ed è stato introdotto con due delibere di giunta nel 2012, modificato nel 2013 trae origine dalla legge 12 del 2007 che detta le linee guida di tutta la politica sociale locale.
Si tratta di un contributo cui possono accedere i residenti che abitano a Trento o provincia almeno da tre anni e viene dato alle persone che sono state licenziate e che si trovano senza lavoro da almeno sei mesi, pensionati che non raggiungono la pensione minima. Il reddito di garanzia può essere erogato per quattro mesi, poi c’è la rivalutazione della situazione.
Il contributo, che può arrivare anche a 950 euro al mese, dura fino a quando il richiedente non trova lavoro, nel frattempo però deve iscriversi al centro per l’impiego, deve accettare le offerte di lavoro che gli vengono proposte e se trova un’occupazione deve comunicarlo alla Provincia, che gli concede un assegno sociale in più il mese successivo, questo per incentivare l’uscita dallo stato assistenziale. Aver fatto richiesta una prima volta dell’assegno di garanzia non pregiudica la richiesta in un momento successivo, nel caso il cittadino perda nuovamente l’occupazione.
Si tratta di un aiuto cui possono accedere i lavoratori anche quando sono destinatari di un altro aiuto economico deliberato dalla Provincia, ovvero l’assegno regionale di sostegno al nucleo famigliare. In questo caso la residenzialità richiesta è di cinque anni, o di almeno 15 anni in modo continuativo nonostante trasferimenti temporanei in altre province o all’estero. Anche in questo caso la famiglia deve avere caratteristiche ben precise, oltre alla territorialità, per poter ottenere l’erogazione dell’assegno, e ne possono usufruire anche i cittadini comunitari non residenti che però vivono e lavorano stabilmente in provincia.
Non possono presentare domanda i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti ai collegi e commissioni, (precisazione che appare superflua ma di questi tempi è meglio specificare). Infine l’assegno di cura, equiparabile all’indennità di accompagnamento, può richiederla chiunque risieda in Trentino da almeno due anni e va dai 100 euro a 1100 e anche questo non pregiudica l’ottenimento di altri aiuti.
«Il principio è aiutare dando la precedenza ai residenti negli ambiti in cui la Provincia autonoma è totalmente competente - spiega Grosselli - e che non prevede l’intervento dello Stato centrale».
Andrea Grosselli (Cgil) Nessuna graduatoria preferenziale per nidi e materne: i bimbi sono tutti uguali