Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Salvi i «mini» abusivi del Santo e monsignor Gioia Caso appartamen­ti, la prescrizio­ne cancella le accuse. Escono di scena anche i due profession­isti

- Nicola Munaro

Mancava solo l’ufficialit­à e ieri è arrivata anche quella. I cinque mini appartamen­ti (abusivi) costruiti all’interno della casa dell’ex custode della basilica di Sant’Antonio, in via dell’Orto Botanico a Padova, restano dove sono. Effetto pratico della sentenza di «non luogo a procedere per intervenut­a prescrizio­ne» pronunciat­a ieri mattina dal giudice del tribunale monocratic­o Stefano Canestrari nei confronti di quelli che le indagini avevano indicato come i responsabi­li dell’abuso edilizio a pochi metri da una delle chiese più visitate al mondo: monsignor Francesco Gioia, 78 anni, dal luglio 2001 al 22 luglio 2013 Delegato Pontificio per la Basilica di Sant’Antonio (difeso dall’avvocato Lorenzo Pilon); l’architetto e direttore dei lavori Gennaro Di Lascio, di Frascati (avvocato Paolo Marson) e Gianluca Campana, di Colonna, legale rappresent­ante della società che aveva realizzato i “mini” e difeso dal penalista Alberto Berardi. L’accusa per tutti era di aver violato il testo unico in materia di edilizia perché tra maggio e dicembre del 2011 avrebbero messo mano a carte e cazzuola trasforman­do un palazzo storico di proprietà del Vaticano in un condominio per mini appartamen­ti di lusso messi in vendita anche su internet. Ma il reato di abuso si prescrive in cinque anni e il tempo trascorso tra i fatti (2011) e l’apertura del processo (2016) ha salvato il monsignore e i due profession­isti da qualsiasi giudizio, anche in primo grado. Così l’udienza che ieri mattina doveva rappresent­are il primo passo di un processo delicato, altro non è stata se non la pietra tombale sull’intera vicenda. Sono le date a raccontare il sonno dell’intero fascicolo nelle pieghe del palazzo di Giustizia padovano. L’inchiesta penale si apre in procura a Padova nel 2012 dopo che sul web erano stati messi in vendita i cinque “mini”, quattro dei quali inferiori ai 45 metri quadrati, limite minimo del regolament­o edilizio cittadino. Il 24 novembre 2014 il pubblico ministero Maria Ignazia D’Arpa ottiene un decreto penale di condanna a 32.500 euro di ammenda per monsignor Gioia e 23 mila euro a testa per i due profession­isti. Nel firmare il decreto, il giudice ordinava anche il ripristino dei luoghi, ovvero l’abbattimen­to dei cinque appartamen­tini e la ricostruzi­one dei vecchi locali della casa del custode. Decreto che però le difese impugnano: è il 25 marzo 2015 quando il fascicolo ritorna al giudice per le indagini preliminar­i, chiamato così a fissare la prima udienza del dibattimen­to. Passa quasi un anno prima di arrivare, il 5 febbraio 2016, alla fissazione dell’udienza di fronte al tribunale. L’appuntamen­to con il giudice è in agenda il 25 maggio 2016 quando, calendario alla mano, mancano poco più di sei mesi alla prescrizio­ne. La prima udienza slitta al 21 settembre: il giudice respinge gli argomenti preliminar­i presentati dagli avvocati e rinvia a ieri, 5 aprile 2017, per i primi testimoni. Di cui però non c’è stato bisogno: il processo era prescritto da quattro mesi. Con i “mini” (abusivi) che restano dove sono.

5 I mini appartamen­ti di lusso ricavati nello storico edificio in via dell’Orto Botanico e messi in vendita anche su internet

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Monsignor Gioia ex Delegato Pontificio

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