Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Tra scultura e street art I cromatismi accesi delle opere di Hassan
Una copia in gesso della Nike di Samotracia è meticolosamente ricoperta di vernice spray. Due Venere di Milo sono dipinte facendo colare la vernice dalla fronte.
Cosa lega scultura e pittura? E che relazione sentimentale possono stabilire le icone classiche con l’abecedario della street art?
Prova ad attraversare questo terreno impervio, Omar Hassan, protagonista di una sua mostra personale che inaugura oggi a Venezia, nella Chiesetta della Misericordia, in Campo dell’Abbazia, aperta al pubblico da domani. La mostra, intitolata «Do ut des», prodotta dalla Fondazione Alberto Peruzzo e dalla Galleria Contini Art UK, è visitabile fino al 15 settembre. Ha molte vite Omar Hassan. Per questo la sua ricerca è così ricca di riferimenti. Milanese, classe 1987, cresciuto a Lambrate da madre italiana e padre egiziano, una promettente carriera da pugile interrotta per problemi di salute, un’immersione all’Accademia di Brera e un folgorante ingresso nell’arte contemporanea. Aver usato il proprio corpo come macchina di scena ha dato a Omar Hassan familiarità con la scultura.
La pittura sembra un liquido di cui ama la cromia accesa e viva, quella che solo l’arte dei graffiti sui muri delle città sa ormai dare.
Sono diventate celebri le sue «Breaking Through», sessioni performative in cui lui boxa con la tela, i guantoni che sudano colori, fino a quando non ritiene finito il dipinto. E si chiamano «Injections» le serie di dipinti a pallini, perché non sono che le iniezioni quotidiane cui è costretto da quando gli hanno diagnosticato il diabete.
«Ho continuato a usare le bombolette spray per rendere omaggio alla street art – dice Eppure non è un movimento che definisce ciò che sono». Perché? «Non amo le limitazioni». Allora a Venezia Omar Hassan prova a dare nuova vita a questa chiesa abbandonata dal culto. Fa sprofondare le sculture nei quadri, le insinua nelle nicchie, ricopre l’acquasantiera vuota con centinaia di tappi di bombolette spray che i visitatori possono portarsi via. Installa le due Veneri, quella di Cirene e quella di Siracusa, da un capo all’altro della chiesta, lasciandole guardarsi, così come idealmente le statue originali si scrutano attraverso il Mediterraneo, da Siracusa a Tripoli.
E infine copre il rosone con uno strato cromatico e la navata tutto il giorno non fa che riempirsi di luce e colore. Allora si capisce che per Omar Hassan tutto questo non è solo arte, ma un atto di devozione.