Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ex popolari, Zaia accusa il governo: «Non fa nulla, Veneto abbandonato»
Il governatore lancia l’allarme crediti deteriorati: dopo i soldi, i veneti perderanno case e aziende
Presidente Luca Zaia, interessa a qualcuno salvare le banche venete?
«È la domanda delle domande, a cui io ne aggiungo un’altra, altrettanto “esistenziale”: ha un senso salvarle?».
Ce l’ha?
«Guardiamo in faccia la realtà, senza innamoramenti per questa o quella soluzione, senza preconcetti e pregiudizi. Se le ex popolari del Veneto fallissero le conseguenze sarebbero tre. Uno: gli azionisti, quelli che ci hanno sempre creduto, per lo più piccoli risparmiatori, si ritroverebbero con un pugno di mosche in mano, senza alcuna speranza di rientrare, seppur in minima parte, dei loro soldi. Fine dei giochi. Due: sarebbe il disastro finanziario per il territorio, perché Popolare di Vicenza e Veneto Banca erano e restano per noi due “banche sistemiche”. Verrebbero ridotte in pezzi e spolpate, a cominciare dai cacciatori di Npl (i non performing
loans, ossia i crediti deteriorati, quelli da cui l’istituto ritiene di non poter rientrare, ndr). Tre: i lavoratori. Parliamo di 11 mila persone. Dunque, premesso che qui nessuno vuol giustificare la mala gestio che c’è stata e su cui farà chiarezza la magistratura, la risposta è sì, ha un senso salvare le banche venete. E deve interessare a tutti noi riuscirci».
Ce la si farà, ora che l’Ue ha chiesto di reperire un miliardo più del previsto tra i privati?
«La situazione sta assumendo contorni drammatici e se non c’è il dolo, di sicuro c’è la colpa grave. Che fine ha fatto il governo? Dov’è Bankitalia? Se queste banche fossero state romane, saremmo arrivati a questo punto? Ci trattano come la periferia dell’impero e peggio, pare quasi che Popolare di Vicenza e Veneto Banca debbano scontare un peccato originale, quello di essere venete».
È sempre colpa di Roma cattiva, insomma.
«Stiamo ai fatti. Quanti soldi sono stati riversati su Mps? Si sono usati due pesi e due misure: lì era “emergenza”, qui è il disinteresse totale. O Alitalia: un cadavere eccellente un’agonia senza fine, eppure lì si sono tirati fuori 600 milioni come niente».
Nel nostro caso lo Stato era pronto a sborsare 4,7 miliardi sui 6,4 necessari. È l’Europa che ha detto stop.
«Sono stato ministro, so come funzionano certe cose. Delle due, l’una: o l’Italia non conta più nulla in Europa, siamo politicamente assenti, fuori dai tavoli che contano, oppure l’Europa è diventata l’alibi per non muovere un dito, fa comodo a qualcuno a Roma che vuole star lì a guardarci mentre andiamo a fondo. Possibile non si riesca a interloquire con la Bce, guidata da un italiano?».
Il sottosegretario all’Economia Baretta ha chiamato gli imprenditori veneti. Risponderanno: «Presente»?
«Ancora non ho capito bene la ratio di questa mossa dell’Ue, se è stata fatta per sondare il mercato... Io penso che i soldi sul territorio ci siano ma siamo onesti, quale imprenditore, con tutti gli affari che si possono fare in giro in questo momento, metterebbe in gioco i suoi capitali su un tavolo del genere, con interlocutori inaffidabili che cambiano le regole da mattina a sera».
Tocca bussare di nuovo alla porta di Atlante e sperare che apra.
«Atlante, che poi sono le altre banche, ha già messo 3,5 miliardi, sfumati. Gli istituti di credito devono sostenere pure il fondo interbancario e insomma, la coperta è corta, non è che possiamo spostare i soldi di qua e di là... È un cane che si morde la coda».
Quindi nazionalizzazione.
«Sono contrario a qualunque forma di nazionalizzazione o collettivizzazione. Io chiedo allo Stato di entrare nel capitale, risanare e poi uscire. Esattamente come ha fatto la Federal Reserve con le banche degli Stati Uniti. Se ci danno una mano, e penso possano farlo visto che ogni anno gli lasciano 21 miliardi di tasse, possiamo ripartire».
La regia Le competenze, sono tutte statali. Da Mps ad Alitalia, altrove i soldi li hanno trovati
Un piano B esiste?
«No. L’alternativa è l’arrivo dei caimani dei fondi stranieri o il bail-in. C’è poi un punto che sta passando sotto silenzio ed è invece un’autentica tragedia: la svendita degli Npl. Parliamo di crediti venduti al 5-10% del loro valore, le due banche perdono ricchezza e ci ritroviamo con esattori venuti da chissà dove che infestano il territorio, guadagnando tre volte quel che hanno speso tra mercanteggiamenti con i cittadini ed esecuzioni immobiliari. I veneti, dopo le azioni, rischiano di perdere anche la casa e l’azienda».
In tutto questo lei non crede che la Regione debba svolgere un ruolo, provare ad essere regista del cambiamento?
«Mi vien da piangere quando vedo certi personaggi salire da Roma e dire: “fate il tavolo, fate i registi”, perché loro dopo aver combinato disastri non sanno più che pesci pigliare. Le competenze in questo settore sono tutte statali, dunque lor signori facciano ciò per cui sono stati votati. Per il resto ci vediamo al referendum del 22 ottobre».