Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Demolire crea valore: risparmiamo il suolo rigenerando le città
Il «contenimento del consumo di suolo» è diventato ormai un mantra, basta ripeterlo per sentirsi dalla parte giusta. Ormai tutti si sono accorti che l’Unione europea ha fissato – già da anni, per la verità - il termine del 2050 perché gli Stati membri realizzino l’obiettivo del «consumo zero» e si è aperta la corsa a chi arriva prima. La Camera dei deputati nel 2016 ha approvato un disegno di legge incentrato sul blocco del consumo di suolo, che è ora all’esame del Senato, rincorrendo quelle Regioni che, come spesso è accaduto nella legislazione degli ultimi anni, hanno intercettato per prime, dopo la crisi economica ed il crollo dei prezzi degli edifici, la mutata sensibilità dell’opinione pubblica insieme alla pressione del mondo scientifico e ambientalista.
Nel Veneto, l’iniziativa legislativa risale all’inizio della legislatura, quando il Presidente Luca Zaia ha presentato il il d.d.l. n. 14 del 26 giugno 2015, poi unificato con altre proposte presentate dal Pd e dal consigliere Marino Zorzato in un testo che – messo a punto, col contributo esterno di 19 associazioni economiche e professionali, dalla Commissione urbanistica regionale presieduta da Francesco Calzavara - è finalmente al voto del consiglio regionale. Una legge che nasce con metodo nuovo e ampio consenso, nella consapevolezza che il Veneto è in cima alle classifiche dell’Ispra sull’accelerazione di consumo di suolo per trasformazioni urbanistico-edilizie.
Al di là dei mantra e delle buone intenzioni, sarà la Giunta regionale a dover programmare entro sei mesi il budget massimo di suolo libero a disposizione di ciascun Comune, da inserire nel piano regolatore come zona di espansione o trasformazione, in sostituzione di tutte quelle esistenti e rimaste sulla carta. E i Comuni dovranno scegliere con oculatezza come conciliare le esigenze del mercato con una risorsa scarsa e preziosa non riproducibile come il suolo libero.
Ma il modo migliore di risparmiare suolo sta nel riutilizzo di quello già edificato, con iniziative di rigenerazione urbana e miglioramento della qualità insediativa. Obiettivo del legislatore veneto è creare le condizioni normative e procedurali che rendano conveniente, per le amministrazioni pubbliche e per gli operatori privati, il rinascimento delle città, intese come fattore di crescita e di competitività, concentrazione di capitale culturale, sociale e relazionale da elaborare e trasmettere. In effetti, si incentiva il processo di recupero delle periferie urbane, anche attraverso nuovi piani di rigenerazione estesi a quartieri e ambiti vasti, con ampi margini di flessibilità nei parametri urbanistico-edilizi per non restare prigionieri di regole pensate per governare l’espansione e oggi anacronistiche per intervenire nel corpo vivo delle città.
Guai però a sopravvalutare l’effetto delle regole e attribuire alle leggi effetti taumaturgici. Tanto più che solo una riforma statale può incidere sulla fiscalità immobiliare e sulla legislazione civilistica relativa alla proprietà privata e al condominio, fattori coessenziali per aiutare gli investimenti e per superare la frammentazione fondiaria urbana e i veti, sia pure isolati. Statali o regionali, le regole sono solo strumenti. Per trovare le risorse necessarie per la rigenerazione urbana è indispensabile la creatività, la capacità di dare nuove risposte ai bisogni profondi di una società in cambiamento, mobile, con età media sempre più alta, con nuove forme di produzione e di servizi, con una rinnovata domanda di qualità di vita e di bellezza.
Per rigenerare l’edificato, in molti casi occorre demolire. E non necessariamente per ricostruire sul posto qualcos’altro. La trasferibilità dei crediti edilizi derivanti da demolizione in altre parti della città, già prevista dal 2004, ha fatto fatica a decollare, in un decennio di crisi economica. Ma ora, con la scarsità di nuovi suoli edificabili, la volumetria da demolire può diventare merce preziosa da riciclare altrove. La nuova legge veneta dà un segnale concreto anche in questa direzione, fino a creare un fondo per incentivare le demolizioni e spingere a vedere in una luce nuova luoghi edificati e degradati. Si scoprirà che in molti casi il valore del vuoto urbano, da riempire di idee per soddisfare bisogni della città, non è inferiore al presunto valore di un pieno diventato inutile e costoso. E’ un luogo comune che demolire significhi perdita di valore. La liberazione di suolo da manufatti ormai senza valore né senso può far risparmiare imposte e creare nuove opportunità. E magari evitare col tempo altri fastidi, dato che la proprietà non dà solo diritti ma genera anche responsabilità verso la comunità che subisce il degrado. Ben venga dunque la stagione della demolizione creativa.
* Avvocato, esperto di diritto urbanistico
I principi ispiratori Il modo migliore di risparmiare suolo sta nel riutilizzo di quello già edificato, serve la rigenerazione