Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LUCA CHE SAPEVA GUARDARE IL MONDO
Un sentimento misto di rispettoso silenzio, quasi una preghiera, ma fatto anche di responsabilità. Perché, noi, uomini del nostro tempo, per parafrasare Quasimodo, non possiamo non gridare un dolore che non accetta di starsene zitto. Tanti dettagli sulla vita e sulla personalità di Luca Russo, studente diplomatosi al mio Liceo Brocchi sei anni fa, sulla sua vacanza in terra di Catalogna assieme alla sua Marta, anche lei ex studentessa del Brocchi, dicono di personalità aperte, che pensano positivo, che prendono sul serio responsabilità ed impegni di vita, compresa una sensibilità sociale. Ritrovo tra le mie carte l’Annuario del 2011, con la foto di tutti i ragazzi, comprese alcune battute segnate al volo.
Su Luca, in particolare (classe 5A dell’indirizzo scientifico), «che sempre ascolta, passando la sua mano nella chioma folta». Grande virtù l’ascolto, per poi dire, pensare, proporre assieme agli altri. Luca è come tanti nostri ragazzi di oggi. Figli di una generazione che è migliore di come solitamente viene dipinta. Una generazione sulla quale noi adulti abbiamo oggi delle responsabilità inedite, perché non è più, come in passato, con un futuro già disegnato, prevedibile. No, oggi i nostri giovani il futuro se lo devono costruire, anche guadagnare, sapendo che i tempi della loro vita saranno diversi dai nostri. Per questo motivo, quando si presentano proposte innovative a scuola, non mi tiro mai indietro. Perché mi vengono in mente loro, con i loro occhi che sprizzano domande, dubbi, perplessità, ma anche tanta speranza e positività.
Lo so, non sempre diamo loro una giusta fiducia. Basta dare un’occhiata alla percentuale di giovani che ritroviamo protagonisti nel mondo economico, finanziario, politico, culturale, universitario. Come conciliare questa spinta, questa fiducia verso di loro, in un tempo segnato, come si è espresso Papa Francesco, da una “guerra a pezzettini”?
La scuola e l’università hanno sì il compito di accompagnare questi giovani nella loro formazione umana, prima che cognitiva, specialistica. Ma poi, lo sappiamo, è il contesto che va garantito, anzitutto la sicurezza. Non ci può essere, cioè, alcun pensare positivo, fatto di speranza, sensibilità, competenza, merito, in un contesto di paura e di insicurezza. La scuola è chiamata oggi ad insegnare anche questa complessità. Per non perdere la speranza, per non vivere chiusi nelle proprie quattro mura. Del resto, viaggiare è un altro modo per dire conoscenza. Dando un’occhiata alla foto e leggendo alcuni passaggi postati da Luca: bastano queste poche tracce per dire il buono e la visione di questi ragazzi.