Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
E il senatore piange in aula
Il volto è livido, scuro. Forse avrebbe voglia di lasciare l’aula, in silenzio, come farà pochi minuti dopo, ma la sua sfortuna è che la pesante condanna a 4 anni è nella prima parte della sentenza e dunque gli tocca stare seduto al suo posto fino al termine della lettura. Ma è chiaro dal gioco di sguardi e di smorfie che Altero Matteoli, un pezzo di storia della politica italiana visto che è in Parlamento dal 1983 ed è stato più volte ministro (Ambiente e Infrastrutture, proprio gli incarichi nei quali avrebbe commesso i reati qui contestati), accusa il colpo. Alla fine se ne va e il suo commento gelido è in una nota della sua portavoce, che l’ha seguito fin qui a Venezia. «Non comprendo questa sentenza verso la quale i miei avvocati ricorreranno in appello afferma il senatore di Forza Italia - Ho il dovere di credere ancora nella giustizia nonostante la forte amarezza che patisco da quasi 4 anni per una vicenda che non mi appartiene». «Sono sbigottito e incredulo - afferma l’avvocato Francesco Compagna, che l’ha difeso in questo lungo processo assieme al collega Gabriele Civello - Allo stato mi è difficile anche comprendere per cosa il senatore Matteoli sia stato condannato. Non ci resta che aspettare rispettosamente le motivazioni e poi fare appello».
Non ha convinto i giudici l’appassionata autodifesa che Matteoli aveva fatto al mattino. Dieci minuti di dichiarazioni spontanee, l’unico a decidere di giocarsi l’ultima carta prima che i magistrati entrassero in camera di consiglio. «Non ho mai preso un euro dall’ingegner Mazzacurati, con il quale non c’è mai stata sintonia e nessun rapporto personale, anzi reciproca antipatia - aveva iniziato - Non ho mai preso un euro dal mio collega di partito Erasmo Cinque, né ho mai segnalato la sua impresa». Matteoli ha sottolineato di aver fornito tutta la documentazione patrimoniale per dimostrare tutte le sue spese di oltre un decennio, le agende, i ricordi personali, per dimostrare le bugie di Mazzacurati e Baita. «Il primo ha detto di avermi dato dei soldi nella mia casa di Lucca, ma non ne ho mai avuta una - ha aggiunto - E’ venuto una volta a Casale Marittimo, ma senza prendere un appuntamento». I soldi per le campagne elettorali? «Me li avrebbe dati quando non c’erano quelle che mi riguardavano».
Matteoli ha fatto una difesa a 360 gradi: «La corruzione va perseguita ma senza mettere sotto processo la classe politica». «Anche i miei avversari non mi hanno attaccato dopo le pesanti richieste dell’accusa - ha aggiunto - Io avrei potuto chiedere di non votare l’autorizzazione a procedere, ma non volevo che si dicesse che Matteoli era stato difeso dalla “casta”». In serata gli è arrivata la solidarietà di tanti compagni di partito, da Maurizio Gasparri a Paolo Romani e Renato Brunetta, fino all’ex Gaetano Quagliariello. Il M5S ha invece chiesto le sue dimissioni da presidente della commissione Trasporti del Senato.
Matteoli si è arrabbiato ricordato che i pm l’avevano definito «totalmente asservito» al Consorzio Venezia Nuova. «Quel Matteoli non sono io - ha detto non sopporto la cattiveria con cui sono stato aggredito». Si è anche commosso ricordando Ugo Martinat, ex sottosegretario alle Infrastrutture e collega di partito, che partecipò con lui a un pranzo con Mazzacurati del 2008 finito nelle carte dell’accusa e che è scomparso l’anno dopo. «L’ho citato per ragione di verità, non per scaricare la colpa su di lui».