Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Mose: assolto Orsoni, stangata a Matteoli
L’ex sindaco di Venezia (finanziamento illecito) «salvato» anche dalla prescrizione. Lia Sartori non colpevole
Dopo i patteggiamenti di Galan e Chisso, ieri il verdetto del processo Mose. Quattro anni e 9,5 milioni di confisca per l’ex ministro Matteoli. Accusato di finanziamento illecito, l'ex sindaco Orsoni è stato assolto da un reato e «salvato dalla prescrizione per un altro. Assolta l’ex eurodeputata Sartori. Prescrizione per Maria Giovanna Piva (Magistrato alle Acque).
VENEZIA La campanella suona alle 18.04 ed è già passata mezz’oretta rispetto all’orario che il collegio presieduto da Stefano Manduzio e composto a latere da Fabio Moretti e Andrea Battistuzzi aveva dato come indicativo. Ma ancor più interminabili sono quella trentina di secondi che trascorrono fino a quando si apre la porta dietro il banco della giuria, facendo intravedere le facce tese dei tre magistrati. Dopo 32 udienze, oltre cento testimoni, otto ore di camera di consiglio e dopo otto minuti di lettura di una sentenza lunga quattro pagine, quel che resta del processo Mose – passati ormai tre anni dai patteggiamenti dei tanti imputati eccellenti, da Giancarlo Galan a Renato Chisso – ha il suo verdetto: una stangata nei confronti dell’ex ministro di Ambiente e Infrastrutture Altero Matteoli, oggi senatore di Forza Italia, condannato a 4 anni per corruzione, la stessa pena dell’amico imprenditore Erasmo Cinque; l’assoluzione per prescrizione per buona parte delle accuse dell’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (accusato di finanziamento illecito) e dell’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva (corruzione), per i quali solo in parte sono state riconosciute le argomentazioni difensive; l’assoluzione piena, nel merito, solo per l’ex eurodeputata Amalia Sartori, accusata anche lei di aver ricevuto soldi per le campagne elettorali dall’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, e per Danilo Turato, l’architetto che secondo i pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini era stato il coordinatore di quei lavori a villa Rodella di Cinto Euganeo, di proprietà dell’ex governatore Giancarlo Galan, che in realtà erano «mazzette occulte» per avere gli appalti da Palazzo Balbi. I due imputati minori, l’imprenditore Nicola Falconi e l’avvocato ed ex presidente di Adria Infrastrutture (Gruppo Mantovani) Corrado Crialese, sono stati anch’essi condannati: 2 anni e due mesi al primo, accusato sia di corruzione che di finanziamento illecito, il secondo a un anno e 10 mesi per millantato credito, perché si sarebbe fatto consegnare 340 mila euro dall’ex presidente di Mantovani Piergiorgio Baita e dall’ex ad di Adria Claudia Minutillo – che con Mazzacurati sono stati i «grandi accusatori» – fingendo di poterli usare per corrompere i giudici di Tar e Consiglio di Stato.
Solo il deposito delle motivazioni tra 90 giorni chiarirà nel dettaglio tutti i ragionamenti fatti dai giudici. Ma si può già dire che le accuse a Matteoli e Cinque sono state pienamente accolte dai magistrati, salvo una piccola riduzione delle pene (i pm avevano chiesto 6 anni per il primo, 5 per il secondo). Sono state riconosciute sia le dazioni per complessivi 550 mila euro nei confronti di Cinque, ma di cui era destinatario anche Matteoli, sia la maxi-richiesta di confisca da 19 milioni di euro (9,5 milioni a testa), che secondo l’accusa sono i soldi che avrebbe guadagnato la Socostramo per i lavori di marginamento delle aree inquinate di Marghera, in cui era stata infilata da Mazzacurati solo per compiacere il ministro, che allora guidava l’Ambiente. Matteoli era poi accusato di aver nominato, da ministro delle Infrastrutture, un presidente del Magistrato alle Acque fidato, cioè Patrizio Cuccioletta (anche lui arrestato, poi ha patteggiato 2 anni). Matteoli e Cinque, in solido con Falconi, dovranno anche pagare delle maxi-somme alle parti civili: in attesa di un futuro giudizio civile, il tribunale ha disposto provvisionali per un milione di euro ciascuno allo Stato (Presidenza del Consiglio e ministero delle Infrastrutture) e al Comune di Venezia, 400 mila alla Regione Veneto, 200 mila alla Città metropolitana e 80 mila al Cvn. Falconi dovrà pagare inoltre 50 mila euro al Comune per il finanziamento illecito di Orsoni, Crialese 100 mila euro allo Stato.
Proprio su Orsoni e Piva l’indolenta, terpretazione è più controversa. L’ex sindaco è stato assolto nel merito, «perché il fatto non costituisce reato», per quei 110 mila euro «in bianco» da tre imprese del Cvn che, nell’ipotesi di accusa, in realtà nascondevano il vero finanziatore, cioè Mazzacurati. Secondo i giudici non è stato provato che Orsoni sapesse l’origine frauanch’essa tramite il meccanismo delle false fatture, e così è stato riconosciuto per Sartori, che doveva rispondere per 30 mila euro. Quanto ai soldi in nero, il tribunale ha «salvato» l’ex sindaco grazie alla prescrizione. L’ipotesi è che la testimonianza di Federico Sutto, che ha detto di avergli portato per tre volte buste di soldi in studio per un totale di 250 mila euro, sia stata ritenuta credibile, ma abbia retrodatato le consegne tra febbraio e marzo 2010, senza date certe: i sette anni e mezzo sono dunque scaduti in questi giorni. Sartori, che era accusata di aver ricevuto 200 mila euro in quattro occasioni da Mazzacurati, è stata invece assolta perché il fatto non sussiste, cioè perché non c’è prova che abbia preso quei soldi. Per Piva vale lo stesso discorso di Orsoni: era accusata di essere stata a libro paga di Mazzacurati fino a quando è rimasta in carica, cioè il 2008, ma è passato troppo tempo. L’unico episodio successivo, cioè il collaudo dell'Ospedale di Mestre, secondo i giudici non è una corruzione, anche se Baita e Mazzacurati avevano riferito che era stato un «piacere» da parte di Galan, e dunque l’assoluzione è arrivata perché il fatto non sussiste.
I giudici hanno infine disposto la trasmissione della sentenza alla procura della Corte dei Conti, che potrebbe contestare a Matteoli il danno da disservizio e quello all’immagine come già fatto per molti degli imputati che hanno già patteggiato.