Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Non sto festeggiando, con il mio arresto la città è stata buttata all’aria»
Il verdetto atteso in studio. Bettin: raso al suolo un sistema
«Non sto festeggiando. Sono felice per l’esito del processo ma triste per quanto accaduto a me alla città, non posso che esprimere tutta la mia amarezza. Non è un giorno di festeggiamenti. Il 4 giugno è stata buttata all’aria una città e una persona». Giorgio Orsoni ha atteso la sentenza nel suo studio legale, sfugge telecamere e interviste. Il 4 giugno del 2014 quando i finanzieri lo svegliarono all’alba per arrestarlo per aver ricevuto finanziamenti illeciti dal Consorzio Venezia Nuova per la campagna elettorale, era sindaco di Venezia di una giunta di centrosinistra a trazione Pd e quel giorno cadde come un masso sulla vita della città, cambiandone il corso.
Le dimissioni, il commissariamento del Comune per un anno, le elezioni e la vittoria dell’outsider Luigi Brugnaro. «Quel giorno ha sconvolto la città e tutti avranno tempo di riflettere. Sono stato messo in mezzo in una cosa nella quale non entravo per nulla — dice — E anche io devo riflettere. Sulla sentenza: devo dire che la prescrizione non mi soddisfa. Ne riparleremo tra un po’, ho bisogno di relax dopo tre anni e mezzo di aggressioni». Orsoni demolito, la giunta parafulmine di tutte le insoddisfazioni dei cittadini, gli assessori consigliati al ritiro dalla vita pubblica dalla generale e manifesta riprovazione: il 4 giugno del 2014 ha segnato il crollo del centrosinistra, nelle urne ma anche nella reputazione.
«Girando per la strada, io lo sentivo dire: ladri — ricorda amaro Sandro Simionato, che di Orsoni era il vicesindaco — C’è stata una campagna denigratoria pesantissima sul sindaco, i politici, la giunta e i partiti ed è stata azzerata una parte della classe dirigente della città. Si è pagato per colpe che non si avevano. Politicamente e umanamente. Sono molto contento per l’ assoluzione di Giorgio, la verità si ripristina. Ma resta il fatto che da quel quel giorno a Venezia le cose sono andate in un altro modo e mai si recupererà quella sofferenza inflitta. C’è stata una pesante strumentalizzazione pubblica». «È stata la vicenda più drammatica dal punto di vista politico e amministrativo per la cittá — riflette il deputato Mdp Michele Mognato, segretario Pd fino al 2013 — Ha cambiato il corso della città e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: il commissariamento, le elezioni. Brugnaro. E il centrosinistra che paga più di tutti perché, come si ricorda, in Regione le cose sono andate diversamente. Una ferita che si fa fatica a chiudere. Ci vorranno anni. Forse. Perché ogni tanto qualcuno torna a mettere sale sulla ferita». Assoluzione e prescrizione per le due tranche di soldi che Giovanni Mazzacurati diede nel 2010 all’allora candidato sindaco Orsoni per la campagna elettorale, mezzo milione di euro. Nella vicenda Mose, il Comune di Venezia ci è entrato solo di striscio ma ne è uscito con la reputazione a pezzi. «Lo disse anche il procuratore Carlo Nordio in conferenza stampa: mai il Comune ha prodotto un atto che ha favorito il Consorzio Venezia Nuova — ricorda Gianfranco Bettin, all’epoca assessore all’ambiente e oggi presidente della Municipalità di Marghera — Altri che hanno avuto ex presidenti, assessori e dirigenti pesantemente coinvolti sono rimasti imperturbabili. Mi riferisco alla Regione. Noi, con la sensibilità istituzione di Orsoni e della maggioranza, di fronte ad una indagine di tale impatto, ritenemmo di non poter procedere e le dimissioni furono prova di correttezza». All’azzeramento deciso dalla maggioranza con le dimissioni di tutti i consiglieri seguì il commissariamento e Vittorio Zappalorto, prefetto di Udine, fu accolto come il risolutore, che poteva mettere a posto i conti e l’andazzo di un palazzo che parecchi, anche nello stesso Pd, era ormai sinonimo di spreco e cattiva amministrazione. La sentenza che scagiona Orsoni non cancella il passato. Come le assoluzioni di alcuni degli imputati e le prescrizioni non cancellano un’indagine che è una pietra miliare a Venezia e in Veneto. «L’indagine ha un valore storico che la sentenza non diminuisce — continua Bettin — Senza, avremmo ancora un sistema di corruzione, prepotenze e intimidazioni senza pari, invece ha scoperchiato e raso al suolo un sistema». E ha riconosciuto che Venezia é stata danneggiata dalla cricca del Mose lì dove era più debole, sulle bonifiche a Porto Marghera. «Matteoli è stato condannato — sottolinea Bettin — nella parte più infame dei reati: aver rubato soldi per le bonifiche pagati con la morte degli operai e il guasto ambientale».
Felice a metà La prescrizione non mi soddisfa, sono stato messo in mezzo ma non c’entravo niente. Ora mi prenderò un po’ di tempo per riflettere