Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
MULTE ALLE BANCHE BEFFA ALLE VITTIME
Molte sono le tessere che si sono ricomposte nelle ultime settimane, a ridisegnare il complesso mosaico delle banche venete. Già lo scorso 8 agosto è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge di conversione del decreto di messa in liquidazione delle due banche; ora resta solo l’incertezza legata a un eventuale giudizio di costituzionalità, che potrebbe radicalmente destabilizzare il quadro. Il 15 settembre si è conosciuta l’entità delle sanzioni inflitte dalla Banca Centrale Europea alla Popolare di Vicenza: il totale ammonta a 11,2 milioni di euro, e si tratta però di un credito non privilegiato, che andrà quindi a mettersi in coda dinnanzi allo «sportello» dei liquidatori, assieme alle pretese dei creditori chirografari. Il 19 settembre abbiamo infine appreso che l’Arbitro Bancario Finanziario prenderà in esame soltanto i ricorsi presentati fino al 18 luglio scorso: da quella data in poi i ricorsi saranno dichiarati inammissibili. Quale sintesi si può trarre dalla valutazione complessiva di questi diversi elementi? Gli ex azionisti, che dopo la liquidazione hanno assunto la veste di creditori per il fatto di avere subito un danno consequenziale alle condotte illecite delle banche, deprivati anche della possibilità di adire l’Arbitro Bancario Finanziario, si trovano ad affidare le loro speranze unicamente alla procedura di liquidazione, vedendosi collocati accanto al medesimo soggetto – la Banca Centrale – che ha irrogato le multe; multe che – è banale sottolinearlo – erano state inflitte proprio con l’intento di sanzionare quelle condotte illecite. È quindi evidente, ancora una volta, la distorsione logica che deriva dall’applicazione della disciplina fallimentare: in sede di ammissione al passivo, non è facile giustificare l’equiparazione tra il danneggiato e il sanzionatore agli occhi di chi ha perso tutto; e qualcuno dovrà spiegare che il pagamento della sanzione alla Banca Centrale contribuirà a svuotare quelle stesse casse che dovrebbero servire a risarcire i danneggiati. Tutto ciò evidenzia, in primo luogo, l’inadeguatezza della disciplina fallimentare, rispetto allo scopo di assicurare tutela ai diritti degli ex azionisti; in secondo luogo, la necessità di utilizzare il quantum delle sanzioni a vantaggio degli ex azionisti, non certo – beffardamente – in loro danno. Un ultimo dubbio: se davvero un domani ci si facesse sorprendere con le casse vuote di fronte ai crediti degli ex azionisti, magari dopo che si fosse acquisita certezza processuale (anche in sede penale) delle violazioni commesse dalle banche, come si potrà giustificare in Europa l’esistenza di un numero spropositato di diritti risarcitori rimasti senza effettività di tutela? C’è un giudice a Strasburgo?