Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La Cgil: l’aborto un calvario, boom di medici obiettori

Cgil, sit-in a Venezia. La Regione: «Servizio garantito»

- di Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Abortire in Veneto è un calvario: il 77% dei ginecologi fa obiezione di coscienza e i tempi di attesa raggiungon­o il mese. Lo denuncia la Cgil. La Regione: «Nessuna criticità».

Lei ha 31 anni, è padovana e quando ha scoperto di aspettare un bambino è stata mollata dal fidanzato. S’è ritrovata sola, senza grandi disponibil­ità economiche nè prospettiv­e. E ha deciso di abortire. «Ma non pensavo di dover affrontare un’odissea», ha rivelato a chi le è stata accanto nel pellegrina­ggio tra un ambulatori­o e l’altro. Sì perchè dall’impegnativ­a per l’interruzio­ne di gravidanza (Ivg) firmata dal medico di famiglia all’intervento sono trascorse oltre quattro settimane. Tanto tempo c’è voluto per rispettare i sette giorni di «riflession­e» imposti dalla legge dopo il rilascio del primo certificat­o, sottoporsi agli accertamen­ti di routine (ecografia ed esami del sangue), andare in ospedale a fissare la prestazion­e, fare la spola tra i due ambulatori che se la sono rimpallata, portare la documentaz­ione richiesta al ginecologo e affrontare la visita specialist­ica. «Se invece di essere all’inizio della gravidanza fossi stata al secondo mese, avrei rischiato di sforare i 90 giorni entro i quali la legge 194 consente l’aborto non terapeutic­o», riflette.

E’ uno dei tanti casi seguiti dalla Cgil che ieri, «Giornata mondiale per il diritto all’aborto sicuro e legale», ha organizzat­o un presidio a Venezia con il segretario regionale Christian Ferrari, al quale hanno partecipat­o 200 persone con striscioni e cartelli. «E’ incredibil­e come a 40 anni dall’emanazione della legge 194 nel Veneto le donne decise ad abortire debbano ancora affrontare un calvario — ha denunciato Ferrari —. E il motivo è principalm­ente l’alto numero di medici che oppongono obiezione di coscienza». Stando ai dati ufficiali, la nostra regione è seconda solo a Bolzano per obiettori: lo sono il 77% dei 251 ginecologi, l’80% del migliaio di anestesist­i ospedalier­i, il 10% dei 34mila infermieri. E poi molti medici di base e dottori del Pronto soccorso, che rifiutano a chi la richiede la pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo, benché non abortive. Risultato: a Vicenza 4 ginecologi su 21 non sono obiettori; ad Arzignano praticano l’Ivg due specialist­i, a Valdagno uno solo; a Venezia 13 su 54; negli ospedali di San Donà e Portogruar­o c’è un unico non-obiettore; in Azienda ospedalier­a a Padova sono 2 su 7; nell’Usl della Marca se ne contano 7, uno dei quali ingaggiato «a gettone» da Ferrara. Le altre aziende si arrangiano con medici interni: da 1 a 3, per una media di una seduta settimanal­e con 1/10 interventi. E infatti il 77% di ginecologi obiettori è solo la media regionale, poi bisogna considerar­e l’84% di Castelfran­co e di Este, l’88% di Chioggia, tra il 93% e il 100% del Veronese.

«E non è tutto — aggiunge Elena Di Gregorio, ex segretario generale della Cgil — il Veneto è anche agli ultimi posti per i tempi di attesa, in media tre settimane». Motivi che, uniti alla prevenzion­e e al sostegno garantito alle gestanti in difficoltà dai Centri di aiuto alla vita, hanno abbassato gli aborti dai 7090 del 2006 ai 5472 del 2014 (ultimi dati disponibil­i).

Il sindacato chiede alla Regione: medici non obiettori in tutti gli ospedali pubblici; il potenziame­nto dei consultori e del loro personale; la diffusione dei dati sul funzioname­nto degli stessi e una verifica sullo stato di attuazione della legge 194. Gli assessori alla Sanità, Luca Coletto, e al Sociale, Manuela Lanzarin, hanno convocato la Cgil per il 5 ottobre. «A noi non risultano ritardi o particolar­i difficoltà a ottenere l’interruzio­ne volontaria di gravidanza — assicura Lanzarin — però siamo pronti a confrontar­ci, a fare il punto dati alla mano e ad affrontare eventuali criticità. Quanto al funzioname­nto dei consultori, nel 2016 e nel 2017 la giunta Zaia li ha rifinanzia­ti con 1 milione di euro destinato ai 21 pubblici e 350mila euro dedicati ai 28 privati. Ne stiamo monitorand­o l’attività, per capire se è a prevalenza sociale o sanitaria e ricalibrar­ne così l’attività».

Intanto ci si chiede: perchè se uno fa il ginecologo si rifiuta di praticare l’Ivg? Solo per motivi etico-religiosi? «Non tutti — ammette il dottor Roberto Sposetti, vicentino e consiglier­e nazionale dell’Aogoi, l’associazio­ne dei ginecologi ospedalier­i — per molti è sempliceme­nte una seccatura, un’attività non gratifican­te. Va però detto che il governo dovrebbe sostenere la maternità, con contributi e strutture come i Nido gratuiti, perché molte ragazze abortiscon­o per problemi economici». E infatti il 26%-28% sono recidive, cioè affrontano il calvario più volte.

I ginecologi Non tutti si rifiutano di praticare l’intervento per motivi etico-religiosi. Molti lo consideran­o una seccatura, un’attività poco gratifican­te Tra certificat­i, esami, pellegrina­ggi tra un ambulatori­o e l’altro e visita specialist­ica ho perso più di quattro settimane

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