Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
La Cgil: l’aborto un calvario, boom di medici obiettori
Cgil, sit-in a Venezia. La Regione: «Servizio garantito»
VENEZIA Abortire in Veneto è un calvario: il 77% dei ginecologi fa obiezione di coscienza e i tempi di attesa raggiungono il mese. Lo denuncia la Cgil. La Regione: «Nessuna criticità».
Lei ha 31 anni, è padovana e quando ha scoperto di aspettare un bambino è stata mollata dal fidanzato. S’è ritrovata sola, senza grandi disponibilità economiche nè prospettive. E ha deciso di abortire. «Ma non pensavo di dover affrontare un’odissea», ha rivelato a chi le è stata accanto nel pellegrinaggio tra un ambulatorio e l’altro. Sì perchè dall’impegnativa per l’interruzione di gravidanza (Ivg) firmata dal medico di famiglia all’intervento sono trascorse oltre quattro settimane. Tanto tempo c’è voluto per rispettare i sette giorni di «riflessione» imposti dalla legge dopo il rilascio del primo certificato, sottoporsi agli accertamenti di routine (ecografia ed esami del sangue), andare in ospedale a fissare la prestazione, fare la spola tra i due ambulatori che se la sono rimpallata, portare la documentazione richiesta al ginecologo e affrontare la visita specialistica. «Se invece di essere all’inizio della gravidanza fossi stata al secondo mese, avrei rischiato di sforare i 90 giorni entro i quali la legge 194 consente l’aborto non terapeutico», riflette.
E’ uno dei tanti casi seguiti dalla Cgil che ieri, «Giornata mondiale per il diritto all’aborto sicuro e legale», ha organizzato un presidio a Venezia con il segretario regionale Christian Ferrari, al quale hanno partecipato 200 persone con striscioni e cartelli. «E’ incredibile come a 40 anni dall’emanazione della legge 194 nel Veneto le donne decise ad abortire debbano ancora affrontare un calvario — ha denunciato Ferrari —. E il motivo è principalmente l’alto numero di medici che oppongono obiezione di coscienza». Stando ai dati ufficiali, la nostra regione è seconda solo a Bolzano per obiettori: lo sono il 77% dei 251 ginecologi, l’80% del migliaio di anestesisti ospedalieri, il 10% dei 34mila infermieri. E poi molti medici di base e dottori del Pronto soccorso, che rifiutano a chi la richiede la pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo, benché non abortive. Risultato: a Vicenza 4 ginecologi su 21 non sono obiettori; ad Arzignano praticano l’Ivg due specialisti, a Valdagno uno solo; a Venezia 13 su 54; negli ospedali di San Donà e Portogruaro c’è un unico non-obiettore; in Azienda ospedaliera a Padova sono 2 su 7; nell’Usl della Marca se ne contano 7, uno dei quali ingaggiato «a gettone» da Ferrara. Le altre aziende si arrangiano con medici interni: da 1 a 3, per una media di una seduta settimanale con 1/10 interventi. E infatti il 77% di ginecologi obiettori è solo la media regionale, poi bisogna considerare l’84% di Castelfranco e di Este, l’88% di Chioggia, tra il 93% e il 100% del Veronese.
«E non è tutto — aggiunge Elena Di Gregorio, ex segretario generale della Cgil — il Veneto è anche agli ultimi posti per i tempi di attesa, in media tre settimane». Motivi che, uniti alla prevenzione e al sostegno garantito alle gestanti in difficoltà dai Centri di aiuto alla vita, hanno abbassato gli aborti dai 7090 del 2006 ai 5472 del 2014 (ultimi dati disponibili).
Il sindacato chiede alla Regione: medici non obiettori in tutti gli ospedali pubblici; il potenziamento dei consultori e del loro personale; la diffusione dei dati sul funzionamento degli stessi e una verifica sullo stato di attuazione della legge 194. Gli assessori alla Sanità, Luca Coletto, e al Sociale, Manuela Lanzarin, hanno convocato la Cgil per il 5 ottobre. «A noi non risultano ritardi o particolari difficoltà a ottenere l’interruzione volontaria di gravidanza — assicura Lanzarin — però siamo pronti a confrontarci, a fare il punto dati alla mano e ad affrontare eventuali criticità. Quanto al funzionamento dei consultori, nel 2016 e nel 2017 la giunta Zaia li ha rifinanziati con 1 milione di euro destinato ai 21 pubblici e 350mila euro dedicati ai 28 privati. Ne stiamo monitorando l’attività, per capire se è a prevalenza sociale o sanitaria e ricalibrarne così l’attività».
Intanto ci si chiede: perchè se uno fa il ginecologo si rifiuta di praticare l’Ivg? Solo per motivi etico-religiosi? «Non tutti — ammette il dottor Roberto Sposetti, vicentino e consigliere nazionale dell’Aogoi, l’associazione dei ginecologi ospedalieri — per molti è semplicemente una seccatura, un’attività non gratificante. Va però detto che il governo dovrebbe sostenere la maternità, con contributi e strutture come i Nido gratuiti, perché molte ragazze abortiscono per problemi economici». E infatti il 26%-28% sono recidive, cioè affrontano il calvario più volte.
I ginecologi Non tutti si rifiutano di praticare l’intervento per motivi etico-religiosi. Molti lo considerano una seccatura, un’attività poco gratificante Tra certificati, esami, pellegrinaggi tra un ambulatorio e l’altro e visita specialistica ho perso più di quattro settimane