Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Sequestrat­o lo stabilimen­to Marlane torna l’inchiesta sulle esalazioni tossiche

Trenta morti, nuove indagini, sette indagati: la fabbrica resta una spina nella storia dei Marzotto

- di Andrea Alba

VALDAGNO (VICENZA) È l’eredità «scomoda» della Lanerossi. E in quel bel sogno imprendito­riale che è il colosso valdagnese Marzotto, intreccio secolare di storie di tessuti, abbigliame­nto, coraggiosi capitani d’industria e lotte sociali, la vicenda Marlane ogni tanto riaffiora come un incubo.

Il capannone della fabbrica calabrese Marlane-Marzotto, lo stabilimen­to di Praia a Mare (Cosenza) in cui non si lavora e non si trattano più lane dal 2004, ieri è stato sequestrat­o dai carabinier­i del Noe di Catanzaro. I sigilli seguono una nuova inchiesta aperta poche settimane fa dalla procura di Paola: si indaga per la morte di trenta operai e la malattia di altri dodici, provocate secondo l’accusa dalle esalazioni tossiche delle sostanze usate in reparto. L’indagine è analoga, quasi gemella, rispetto a un procedimen­to appena concluso che vedeva ex dirigenti Marzotto imputati per il decesso di altri 94 lavoratori della fabbrica calabrese. Tutti sono stati assolti in primo grado e proprio lunedì scorso è arrivato il prosciogli­mento anche in appello.

«La Marzotto acquisì Lanerossi nel 1987, feci cambiare immediatam­ente tutti i prodotti chimici e tintoriali in uso. Loro impiegavan­o cromo esavalente nei coloranti, in Marzotto usavamo coloranti vegetali da quindici anni. Sono disgustato da come è stata presentata questa vicenda». Il conte Pietro Marzotto si sfogava così, due anni e mezzo fa, dopo l’assoluzion­e in primo grado. «Siamo sempre stati attentissi­mi al problema ambientale» insisteva amaro l’imprendito­re, ex numero uno nella gestione del gruppo e come tale fra gli imputati del primo processo, ricordando l’acquisizio­ne di trent’anni prima. Infatti, oltre alle produttive manifattur­e vicentine firmate Lanerossi - dalle maglierie di Piovene Rocchette ai moderni capannoni della zona industrial­e di Schio, fino ai capolavori di archeologi­a industrial­e quale l’ottocentes­ca Fabbrica Alta - nel passaggio di mano dall’Eni entrò a far parte del patrimonio Marzotto pure la fabbrica calabrese, destinata a portare alla ribalta delle cronache il gruppo di Valdagno per fatti tutt’altro che positivi.

Qui, a Praia a Mare, negli ultimi quindici anni si sono concentrat­e le indagini della procura di Paola per una serie di decessi di ex lavoratori molto simili nelle cause: tumori.

Il primo ciclo investigat­ivo si è concretizz­ato nel 2011 in un processo concluso nel 2014 con l’assoluzion­e di tutti i dodici imputati.

Le accuse vertevano su due filoni: da un lato l’ipotesi di reato di «disastro ambientale», circa la presenza di scorie sepolte accanto all’azienda calabrese, dall’altro le ipotesi di omicidio colposo e lesioni con riferiment­o ai decessi di 94 operai e la malattia di altri 65.

Ora il pubblico ministero Teresa Valeria Grieco ha istruito una nuova indagine, ipotizzand­o ancora l’omicidio colposo e le lesioni gravissime colpose.

Si parte da fatti diversi, dalle indagini del Noe risultereb­be che i decessi di trenta ex dipendenti tra il 1988 e il 2013 e la malattia di altri dodici sarebbero legati ad una serie di omissioni: le protezioni erano insufficie­nti nel processo di lavorazion­e del tessuto, compresa la tinteggiat­ura con l’uso di sostanze ritenute cancerogen­e.

Sono indagati sette dei precedenti imputati. Tre i veneti: il trevigiano Antonio Favrin, attuale presidente della Marzotto e amministra­tore delegato dal 20014 al 2004, è difeso dall’avvocato Niccolò Ghedini; il trevigiano Silvano Storer, ad di Marzotto dal 1997 al 2001, è rappresent­ato dal legale Stefano Putinati di Milano; il vicentino Attilio Rausse, responsabi­le dello stabilimen­to dal 2003 al 2004, è rappresent­ato dal legale Francesco Paolo Sisto di Bari. Con loro sono indagati gli ex manager Vincenzo Benincasa, Salvatore Cristallin­o, Ivo Comegna, Carlo Lomonaco.

Al sequestro dello stabilimen­to, disposto dal pm Grieco e dal procurator­e di Paola Pierpaolo Bruni, dovrebbe seguire da ottobre una serie di verifiche da parte di un perito incaricato dalla procura. La perizia consisterà in scavi e carotaggi nell’ex magazzino dei filati e nell’area esterna dello stabilimen­to, ma anche nel prelievo di campioni nell’ex cisterna acque e nell’impianto di areazione.

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Presidio di protesta Uno striscione che chiede ai magistrati di fare giustizia. In questi anni la vicenda Marlane è stata sovente al centro delle cronache

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