Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Bpvi e la causa milionaria alla Bcc che sconsigliò di prendere le azioni
Il Tribunale dà ragione alla Rurale di Brendola: si vide chiedere 5 milioni nel 2014
VICENZA Cassa rurale di Brendola consigliò di non acquistare le azioni Popolare di Vicenza. E Bpvi fece scattare una causa civile per concorrenza sleale, con una richiesta danni per 5 milioni di euro. Causa in cui oggi il giudice civile Dario Morsiani dà ragione alla Bcc (avvocati Paola Mai e Diego Manente), condannando Popolare Vicenza, intanto finita in liquidazione, a pagare spese di giudizio per 31 mila euro, che chissà quando saranno liquidate. La vicenda, a tre anni di distanza, visto quanto è successo, ha contorni paradossali. Ma illumina bene, retrospettivamente, fino a dove potesse spingersi, ai tempi d’oro, un certo stile di governo in Bpvi.
La vicenda risale al 2014. Da un lato la Bpvi di Gianni Zonin, che dichiara di volersi prendere tre banche - Marostica, Carife ed Etruria - e lancia l’aumento di capitale da 907 milioni. Quello che l’anno dopo le ispezioni Bce e Consob diranno fatto con le azioni comprate con i finanziamenti «baciati» e migliaia di Mifid irregolari tra i risparmiatori. Di fronte a Bpvi, allora 79 miliardi tra raccolta e impieghi, 5.515 dipendenti e 654 sportelli, sta Cassa Brendola, 2,4 miliardi di prodotto bancario, 262 dipendenti e 24 filiali. Davide contro Golia. Fatale risulta «Finanza News», una newsletter che Brendola manda a maggio ai dipendenti della rete e a 75 clienti. E che, a fronte dell’aumento di capitale, fa un’analisi sulle azioni Bpvi, e conclude: «Largamente sconsigliabile la partecipazione all’aumento di capitale».
In via Battaglione Framarin vengono in possesso del foglio. E fanno scattare la denuncia per concorrenza sleale, «sotto forma di atto denigratorio», firmata l’11 giugno per conto di Zonin dagli avvocati Francesco Carbonetti, Massimo Tesei e Fabio Sebastiano. Al giudice chiedono 5 milioni di risarcimento per gli «ingenti danni subiti e subendi» e di fermare «l’attività illecita».
Con il senno di poi, alcuni passaggi fanno amaramente sorridere. Come quando gli avvocati della Vicenza affermano: «Purtroppo, come a volte accade a chi, a prezzo di grandi sforzi, abbia faticosamente - e lealmente - conquistato una ragguardevole posizione sul mercato, è successo anche alla banca di divenire vittima di un attacco denigratorio da parte di una società concorrente». Ma all’epoca la causa preoccupa Brendola, anche perché le assicurazioni paiono defilarsi.
Tre anni dopo il giudice rimette le cose a posto, nella sentenza del 15 settembre. E ritiene infondate le pretese di Bpvi. Non solo perché il foglio dà solo «generici suggerimenti» e i toni della critica sono civili. Ma anche perché le valutazioni furono fatte sui documenti d’offerta depositati in Consob, in cui c’erano «circostanze estremamente rilevanti per la valutazione dei consistenti rischi». A partire dal prezzo delle azioni fissato in casa e già allora disallineato ai valori di mercato. Un titolo già allora illiquido, e che Standard&Poor’s classificava come BBB-, quindi come titolo di tipo speculativo. «I successivi sviluppi hanno dimostrato quanto fondato fosse il consiglio: il prezzo delle azioni Bpvi è drammaticamente crollato», scrive il giudice, dicendo che nulla si può rimproverare a chi diede quei consigli. Anche perché gli elementi a disposizione allora «giustificavano un giudizio come quello in esame già al tempo in cui esso venne formulato».
«Nel 2014 resistere all’azione di Bpvi è stato un atto di estrema responsabilità verso soci, clienti e soprattutto il nostro territorio e la sua gente - sostiene il presidente della Rurale, Gianfranco Sasso -. La sentenza ci riconosce di aver agito correttamente e certifica la qualità del nostro servizio. E quanto possano fare le Bcc nel loro territorio per tutelare i risparmiatori».