Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Infermiere e stupratore in ospedale salgono a sei le vittime degli abusi
Padova, chiuse le indagini sui crimini in Neurochirurgia. Tutte le accuse a Corneanu
Le sceglieva indifese, un po’ per la loro età, un po’ per la condizione di pazienti del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Padova. Emil Cristian Corneanu però non provava pietà: vedeva quelle donne come oggetti di cui fare ciò che voleva. Le drogava con farmaci usati per le anestesie chirurgiche e poi le palpeggiava o le violentava prima di fotografarsi disteso a letto con loro, come fossero un trofeo da immortalare dopo averle distrutte nell’animo, senza che loro se ne rendessero conto.
È questo lo scarno riassunto delle tre pagine con cui il sostituto procuratore Giorgio Falcone ha chiuso l’inchiesta, e sta per chiedere il giudizio, nei confronti di Corneanu, 41 anni, infermiere romeno da sei anni in servizio a Padova e arrestato il 4 gennaio scorso dai carabinieri del Nas con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una paziente cinese di 58 anni, ricoverata in Neurochirurgia. A quella violenza ripresa dalle telecamere dei Nas che stavano indagando su di lui, se ne sono aggiunte altre cinque facendo salire a sei il conto totale delle pazienti abusate dall’infermiere (difeso dall’avocato Gian Mario Balduin) a cui viene contestato – oltre alle sei violenze sessuali aggravate - anche il peculato per essersi intascato farmaci dall’infermeria dell’Ospedale e l’accusa di stato di incapacità causato mediante violenza.
Parole fredde da codice penale che alla procura servono per descrivere il macabro rosario inanellato dall’infermiere romeno tra il marzo 2016 e il 4 gennaio scorso, quando lo stupro «in diretta» della paziente cinese aveva fatto scattare la corsa in ospedale dei carabinieri e gli aveva aperto le porte di una cella.
Da lì il pubblico ministero Falcone e gli inquirenti erano partiti per mettere ordine le denunce di altre donne che avevano raccontato di essere state molestate durante il ricovero in Neuropsichiatria. Un’accusa tanto difficile da credere quanto da provare.
Gli inquirenti però sono riusciti a dimostrare come lo stupro della paziente cinese fosse una prassi per Corneanu: l’ultimo episodio di una serie dell’orrore iniziata il 13 marzo 2016. Sempre identico il modo di agire dell’infermiere. Emil Cristian Corneanu infatti, sfruttando il suo ruolo di infermiere, drogava le pazienti scelte per i suoi abusi con farmaci a base di benzodiazepine o con farmaci da usare in sala operatoria per le anestesie come il Midazolan, il Loazepan e il Delorazepan (da qui l’accusa di peculato per oltre 800 euro, ndr). Una volta intontite le vittime, la spogliava nude sul loro letto d’ospedale e ne faceva ciò che voleva.
Alcune donne hanno raccontato – e sulle loro testimonianze si è basato il pm per chiedere il rinvio a giudizio – di essere state palpeggiate sul seno, altre toccate nelle parti intime, altre masturbate. Poi, finiti gli abusi, si regalava un «selfie» con loro. E le rivestiva.
Tra le accuse anche quella di aver intontito una paziente per poi lasciarla lì, quasi vegetale, nel suo letto. Tutti nodi venuti al pettine mentre l’indagine faceva strada, a ritroso. Il via, dall’ultimo capitolo, sul far della sera di inizio anno.
A dare la cifra dell’orrore era stata la narrazione delle riprese video effettuate dai carabinieri del Nas il giorno dell’arresto. Una relazione di due pagine trasformava in parole le immagini immortalate dall’intercettazione video. Sono le 19.39 del 4 gennaio scorso quando Corneanu entra nella stanza dov’è ricoverata la donna, appena operata e disabile.
L’infermiere prende la mano destra della paziente e sul polso le fa una prima iniezione di farmaco a base di benzpodiazepine. Passano pochi minuti e il quarantunenne ripete l’operazione: altra puntura in vena, altra dose di farmaco stordente. Corneanu è meticoloso e freddo. Chiude a chiave la porta della stanza, avvicina a sé la paziente trascinandola sulle lenzuola, le slaccia il pannolone e le sfila le calze mediche contenitive. Poi spinge sulla leva del letto, per portarsi il materasso all’altezza del bacino, sposta il catetere, scosta il pannolone, si abbassa i pantaloni e le si avvicina.
Ha un primo rapporto sessuale subito interrotto (forse per qualche rumore dal corridoio), poi un secondo che si conclude velocemente quando l’infermiere toglie un fazzolettino di carta dalla tasca. Finita la violenza, poco prima delle 20, l’infermiere riveste la donna: le riposiziona il catetere, richiude il pannolone e la sdraia composta sul letto. E prima di andarsene ecco la terza iniezione di farmaco stordente.