Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Tentato sequestro di uno studente il rapitore trasferito in comunità
Il ristoratore è uscito dal San Pio X, ora si attende la Cassazione
VICENZA Dopo aver infilato una serie di «no» alla richiesta di lasciare il carcere per gli arresti domiciliari, il ristoratore di Pojana Maggiore Massimo «Zebbra» Silvestrin è riuscito finalmente ad ottenere il trasferimento dal San Pio X e da due mesi si trova in una comunità di Vicenza. A concederglielo la Corte d’Assise d’appello di Venezia, che in prima istanza gli aveva bocciato il ricorso. In carcere c’è stato per due anni e mezzo, accusato con altri due, padre e figlio, di tentato sequestro a scopo di estorsione del 14enne figlio di una famiglia di Thiene, leader nella distribuzione della birra.
Già condannato in Appello a sette anni di reclusione, ad inizio 2018 affronterà il terzo grado di giudizio, determinato a far valere le sue ragioni. «C’è il rammarico che si sia dovuto attendere così tanto per ottenere i domiciliari», commenta il suo legale, Fabio Targa, che aveva fatto leva sulla «positiva condotta carceraria» del suo assistito, su sopraggiunti problemi di salute e sul «sostanziale ravvedimento». L’avvocato aggiunge: «È sconcertante, dopo la riforma, la valorizzazione della gravità del delitto al di là delle esigente cautelari». Solo a giugno la Corte di Cassazione a cui era ricorso l’avvocato padovano aveva sostenuto che «è plausibile il pericolo di recidiva, seppure non imminente» per Silvestrin, di qui la necessità del carcere, e che anche il controllo a distanza fisico, quindi il braccialetto elettronico, «non gli impedirebbe di tenere contatti, soprattutto riferiti al piano organizzativo, finalizzati a commettere altre condotte della stessa specie di quelle per le quali di procede». A rigettare la richiesta di domiciliari per il 43enne considerato il motore dell’azione criminale era stato prima di allora il tribunale della libertà di Venezia con un’ordinanza di febbraio 2017. E prima ancora, a settembre 2016, lo aveva fatto la Corte d’Assise d’appello di Venezia, che aveva ridotto la pena all’ex gestore del noto «Zebbra pub» di Este (Padova), da 8 anni e 8 mesi inflitti in primo grado dai giudici di Vicenza a 7 anni di reclusione.
«Ci faremo valere in Cassazione per dimostrare che non c’è mai stato un reale tentativo di sequestro» ribadisce l’avvocato Targa. Lui e i colleghi che difendono Antonio e Gianfranco Gallani nel corso delle varie udienze avevano infatti insistito sul fatto che c’era stata solo l’idea, l’intenzione di sequestrare il 14enne, figlio della famiglia thienese leader nella distribuzione della birra a cui chiedere la sostanziosa somma di 600mila euro per il riscatto. Che non si era mai concretizzato il tentativo, quindi il reato. E non solo perché la complice, la rodigina che armata di pistola avrebbe dovuto occuparsi di prelevare il ragazzo fingendo un incidente con la mamma mentre lo portava a scuola, si era tirata indietro tradendoli con i carabinieri, ma anche perché i tre non erano attrezzati a dovere. Quella mattina del 27 gennaio 2015, appostati vicino casa degli imprenditori a Thiene, erano disarmati, a volto scoperto e pure con l’auto in riserva di benzina. Insomma, i tre sarebbero stati impreparati, «dalle condotte ridicole e cialtrone che non sarebbero andati oltre al progetto». Quello che di qui a pochi mesi i legali dovranno ribadire in Cassazione.