Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Deposito Gpl, indagato il presidente camerale

L’accusa dei pm: manca un nulla osta. Sotto accusa anche due vertici Socogas

- di Alberto Zorzi

Deposito Gpl, perquisizi­oni all’alba nei confronti dei vertici passati di Aspo, l’azienda speciale che gestiva il porto di Chioggia. E l’ex presidente di Aspo Giuseppe Fedalto, tuttora alla guida dell’ente camerale lagunare, destinatar­io di un avviso di garanzia per occupazion­e di suolo demaniale.

VENEZIA Perquisizi­oni nei confronti degli ex vertici di Aspo, azienda speciale della Camera di commercio di Venezia e Rovigo che gestisce il porto di Chioggia. E l’ex presidente Giuseppe Fedalto, che è anche alla guida dell’ente camerale, destinatar­io di un avviso di garanzia per occupazion­e di suolo demaniale, ai sensi del codice della navigazion­e, che si aggiunge ad altri due indagati per reati edilizi.

Ieri l’inchiesta sul deposito di gpl in costruzion­e a Chioggia, nell’area portuale di Val di Rio, ha avuto un’accelerazi­one. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria si sono infatti presentati alle 7 e un quarto casa di Fedalto, l’unico indagato, e poi di Romano Tiozzo, ex segretario della Camera di commercio di Venezia e oggi nello stesso ruolo a Treviso (e, ma questo non conterebbe, ex sindaco di Chioggia), e di Roberto Crosta, attuale segretario dell’ente veneziano. In tutti e tre i casi i finanzieri cercavano documenti su alcuni lavori disposti da Aspo nel 2012, quindi in realtà precedenti all’avvio dell’iter burocratic­o del deposito avvenuto nel 2014, per i quali mancherebb­e un nulla osta da parte della Capitaneri­a di Porto. I finanzieri si sono andati anche nella sede di Fidenza (in provincia di Parma) della Socogas, l’azienda madre che controlla la Costa Bioenergie, la società che sta realizzand­o l’impianto da oltre 10 mila metri cubi di gas propano liquido, dove hanno sequestrat­o una montagna di documenti e anche dei pc e altri supporti informatic­i.

L’inchiesta nasce da alcuni esposti presentati dall’agguerrito comitato No Gpl, che da mesi protesta contro la realizzazi­one di un deposito ritenuto pericoloso, con i suoi gigantesch­i «bomboloni» di gas a poche centinaia di metri dal centro di Chioggia, oltre che dannoso per lo sviluppo del porto stesso. A marzo la procura di Venezia ha addirittur­a creato un pool di quattro magistrati che con il supporto delle fiamme gialle stanno scandaglia­ndo tre aspetti della questione, con altrettant­e ipotesi di reato: quello di disastro ambientale, di cui si occupano i pm Francesca Crupi e Antonia Sartori, quello procedural­e con un’ipotesi di abuso d’ufficio affidato al pm Roberto Terzo e quello urbanistic­o-edilizio seguito dal pm Massimo Michelozzi. Nel corso degli accertamen­ti sulla documentaz­ione già raccolta con una serie di accessi sia al Comune di Chioggia che al ministero dello Sviluppo economico (che con un proprio decreto ha dato il via libera ai cantieri), sarebbero emerse due questioni: una relativa alla fase precedente, che riguarda appunto alcuni lavori sulla banchina di Punta Colombi, prima ancora che arrivasse il cantiere del gpl; l’altra sulla presunta assenza di via libera da parte della Soprintend­enza di Venezia.

Secondo l’accusa, Fedalto, nella sua qualità di presidente di Aspo, avrebbe dato l’ok a una variante al progetto per realizzare una banchina di 175 metri a Punta Colombi, dove all’epoca era previsto un sistema di bunkeraggi­o, cioè di rifornimen­to delle navi. «Nel 2012 i tecnici mi dissero che sarebbe stato meglio realizzare un cunicolo a livello dell’acqua, che comportava meno rischi e pericoli - racconta oggi Fedalto - Fu chiesta una variante in corso d’opera, mandata a tutti gli enti preposti che hanno risposto positivame­nte. I lavori all’epoca furono conclusi e collaudati, con l’ok di ministero e Regione, ma oggi pare che manchi l’ok della Capitaneri­a». L’avvocato Renzo Fogliata, legale di Aspo, è pronto a dare battaglia.

Sul fronte di Socogas gli indagati sono invece due: il legale rappresent­ante Giampaolo Zucchi e il direttore dei lavori e progettist­a del cantiere. In questo caso la contestazi­one è l’aver aperto i lavori senza il via libera della Soprintend­enza, anche se già il Tar del Veneto aveva detto che il decreto ministeria­le era onnicompre­nsivo, accogliend­o il ricorso dell’azienda contro la decisione del Comune di Chioggia di sospendere il cantiere. Ma dall’attivismo della fiamme gialle pare che potrebbero a breve esserci dei nuovi sviluppi dell’inchiesta.

 La difesa/1 Nel 2012 i tecnici mi dissero che sarebbe stato meglio realizzare un cunicolo a livello acqua La difesa/2 I lavori furono collaudati con l’ok di ministero e Regione. Oggi pare che manchi una cosa

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Nel mirino della procura L’impianto di Chioggia al centro dell’inchiesta

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