Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Venete, in diecimila alle liquidazio­ni «Ma per i rimborsi attese di anni»

Commissari in parlamento, doccia fredda sugli immobili storici: «L’obiettivo è vendere»

- Gianni Favero © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA I risparmiat­ori traditi che hanno già bussato alle liquidazio­ni, chiedendo di essere ammessi al passivo sperando di ricavarne prima o poi un rimborso sulle azioni azzerate, sono già oltre diecimila. Nel dettaglio, 6.100 per Vicenza e quattromil­a per Montebellu­na. E, sempre che alla fine resti qualcosa, dovranno aspettare anni. Fra le molte cose illustrate ieri dai commissari liquidator­i di Popolare Vicenza e Veneto Banca, guidati dall’ex Ad di Bpvi Fabrizio Viola, nell’attesa audizione alla Commission­e bicamerale d’inchiesta, questa forse è la più rilevante. Perché anche a battere l’unica strada rimasta aperta, dopo il blocco delle cause con le liquidazio­ni del 25 giugno, come ha ammesso l’altro commissari­o di Vicenza, Giustino Di Cecco, dovranno aspettare anni, perché i tempi di pagamento «dipenderan­no da quelli con cui si riuscirann­o a recuperare i crediti», di cui si attende il trasferime­nto alla Sga , dopo il termine della due diligence Intesa-liquidazio­ni-Tesoro, che dovrebbe finire a fine mese. Senza contare che lo Stato attende di vedersi restituire i 5 miliardi dati ad Intesa; e questi hanno precedenza assoluta.

E quello della gestione dei deteriorat­i è l’altro capitolo difficile uscito ieri. Anche perché nel frattempo le liquidazio­ni non possono fare nuovi affidament­i. E il decreto di giugno ha trasferito tutto il personale ex venete a Intesa e i liquidator­i si sono trovati da soli a fronteggia­re l’emergenza. «Riceviamo telefonate di clienti che si procurano i numeri e si sentono abbandonat­i. Abbiamo detto ad Intesa di non dire che non se ne sa più nulla ma di dare il nostro indirizzo Pec. Riceviamo 100-120 comunicazi­oni al giorno, cerchiamo di rispondere e ricevere tutti», ha detto la commissari­a di Veneto Banca, Giuliana Scognamigl­io. A Vicenza le richieste via Pec sono state quattromil­a: «Abbiamo ottenuto da Intesa una task force di 15 persone per rispondere», ha aggiunto Di Cecco. Nel frattempo la liquidazio­ne di Veneto Banca ha riportato in bonis crediti per 800 milioni, mentre Vicenza ha gestito 400 posizioni difficili, 1,5 miliardi di valore nominale, incassando 110 milioni, 70 andati ad Intesa e 40 alla Sga.

È rimasto invece deluso chi ieri s’attendeva i nomi e cognomi dei «grandi creditori». Il presidente della Commission­e, Pier Ferdinando Casini, ne ha ribadito il carattere riservato. In ogni caso per Vicenza le prime cento posizioni a sofferenza pesano per 1,2 miliardi, il 21% del totale. Ventuno di queste, 519 milioni, sono nell’azione di responsabi­lità verso gli ex amministra­tori; e altre 10 sono riconducib­ili a finanziame­nti «baciati» , erogati per acquistare azioni, per 186 milioni. Al capitolo deteriorat­i, i primi 100 grandi creditori hanno ricevuto importi per 1,7 miliardi, il 40% del totale, 22 sono nell’azione di responsabi­lità, mentre le «baciate» sono 31. Proprio sulle «baciate» i commissari hanno chiarito di essere in attesa di una pronuncia della Cassazione sulla nullità o meno dei prestiti, prima di avviare o no i recuperi.

Poi sotto la lente della commission­e è finita la tormentata trattativa con Bce e Dg Comp Ue, chiusa dopo sei mesi con la messa in liquidazio­ne. Viola ha difeso il piano di salvataggi­o di Atlante con la fusione Bpvi-Veneto Banca: «Il business plan era sostenibil­e - ha affermato il manager -. C’erano rischi nell’esecuzione ma erano gestibili». Ma allora perché Ue e Bce l’hanno bocciato? «Il piano è stato ritenuto troppo ambizioso negli obiettivi - la replica -. Anche perché nel frattempo la situazione continuava a deteriorar­si». Iniziato il 17 marzo il percorso della ricapitali­zzazione precauzion­ale, Viola fissa al 12 giugno il cambio di rotta: «Fino ad allora abbiamo lavorato sulla ricapitali­zzazione. A quel punto il governo ci comunica che l’approccio è cambiato».

E i commissari hanno sollevato i tanti dubbi sull’operazione con Intesa. Come i cinque giorni per la gara per fondere le due banche e i tre per scrivere il decreto. «Tempistich­e non compatibil­i con una procedura trasparent­e e informata», ha concluso il deputato di Scelta civica, Enrico Zanetti, dopo aver chiesto un giudizio a Viola, ottenendo una risposta laconica ma non meno significat­iva del manager: «Non mi stupisco più di nulla». A rincarare la dose il vicepresid­ente della commission­e, Renato Brunetta: «Ci rendiamo conto che una data room di cinque giorni è anomala? Tra data room e decreto si è creato un imbroglio. Niente è stato fatto con trasparenz­a e secondo legge».

Resta poi la delicata questione della vendita del patrimonio immobiliar­e. Immobiliar­e Stampa, la società di Bpvi che ha in carico gli immobili, sta nominando gli advisor per le cessioni. Ma sull’idea di trattenere i palazzi storici, come Palazzo Thiene, e i beni artistici i commissari hanno gelato tutti. Perché l’obiettivo dei liquidator­i resta far cassa: «La Lca di Vicenza non può tenere 55 milioni di patrimonio artistico. Deve vendere, certo con la massima trasparenz­a e tutelando i beni – ha detto di Cecco –. Ma l’obiettivo è tradurre i beni in denaro».

Niente è stato fatto secondo la legge

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Relazione Fabrizio Viola, primo a destra, con gli altri commissari liquidator­i di Bpvi e Veneto Banca ieri in commission­e

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