Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Atenei, la sfida del 4.0
Èora maturo il tempo per riforme rivoluzionarie da attuarsi nel mondo accademico, preziosa sorgente di idee per l’imprenditorialità in movimento. Sulla strada da imboccare molto ha ancora da suggerirci Luigi Einaudi. Se ancora in vita, quel grande pensatore rivoluzionario e utopista ripeterebbe quanto ebbe a scrivere nelle sue «Prediche inutili», frutto della sua collaborazione con il Corriere della Sera. Egli direbbe che l’industria 4.0 reclama un moto intellettuale di profondo cambiamento dell’università. Un movimento innescato dal disfarsi del mito del valore legale del titolo di studio che crea «disoccupati intellettuali». Parafrasando un suo pensiero, potremmo aggiungere che non hanno bisogno di un bollo statale i giovani usciti dalle botteghe rinascimentali dell’industria 4.0. Ciò che si richiede non è il valore legale dichiarato dallo stato, «ma disordine, varietà, mutabilità, alegalità dei diplomi rilasciati dall’università». Riandando alle parole delle sue «Prediche», università 2.0 vuol dire libertà accademica nel senso che non vi sono Consigli superiori che riconoscono la nascita di discipline nuove. Le scuole universitarie divengono laboratori sperimentali in cui si saggiano nuovi metodi didattici, e si tentano nuove vie alla ricerca scientifica, lasciando campo a tentativi ed errori. E ogni istituto universitario ha il diritto di scegliere non solo i professori, ma anche gli studenti. In breve, è il metodo della libertà che contraddistingue l’università 2.0, affinché essa possa fare coppia con l’industria 4.0.