Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lavoro, più dimissioni: «Via dai ritmi pesanti»
Treviso, la Cisl rileva il trend su settemila uscite volontarie: «I premi da soli non bastano più»
TREVISO Ci sono gli operai che rifiutano gli straordinari, come da intervento di un imprenditore nella pre assise di Confindustria Veneto, martedì scorso, a Mogliano Veneto, per evitare di sfondare la soglia di reddito oltre la quale non si ha più diritto agli 80 euro (detassati) del «Bonus Renzi». E ci sono i lavoratori che abbandonano un posto garantito perché, anche a parità di salario, trovano un’occupazione meno impiccata a turni, flessibilità spinta e obiettivi di produzione. Che ci sia o meno un premio a fine anno, in base ad una contrattazione interna, non ha nessuna importanza. Vita è vita, finalmente il mercato si è un po’ riaperto e se si può scegliere si sceglie di respirare. Cronache dal Veneto all’alba del primo giorno dopo la crisi, e ne parla chi queste dinamiche le osserva da vicino tutti i giorni.
«Nel Trevigiano abbiamo contato quasi settemila dimissioni volontarie nel solo ultimo anno – spiega Cinzia Bonan, segretaria generale della Cisl di Treviso Belluno – quindi in evidente crescita. Non di rado si tratta di lavoratori che preferiscono anche ‘saltare’ a proprie spese l’obbligo di preavviso e che lasciano l’occupazione di ieri per entrare, oggi, in una nuova azienda. A volte guadagnano qualcosa in più, altre volte neppure questo. Cercano un impiego con ritmi più umani, che permetta una migliore conciliazione fra tempi di vita e di lavoro e puntano ad imprese più piccole e magari meno strutturate. Di correre tutta la settimana, magari anche il sabato o di notte, per far raggiungere alla loro impresa precedente i target di crescita che danno diritto al gettone di fine anno non ne possono più».
Hanno resistito e tenuto stretto un lavoro, perché non ce n’erano di migliori in giro, è insomma l’interpretazione. Ma adesso, «con la pancia», saltano sulle alternative che stanno iniziando ad arrivare. E sono opportunità che rifioriscono non tanto nell’industria, quanto nell’artigianato e nel terziario, settori in cui la dinamica delle nuove assunzioni appare più vitale.
Bonan abbozza un’altra analisi a supporto del fenomeno, legata al cambiamento di atteggiamento degli immigrati. «Fino ad alcuni anni fa gli stranieri lavoravano a testa bassa undici mesi l’anno, sopportando tutti i turni possibili, per avere la soddisfazione di rientrare in vacanza in patria e dimostrare cosa erano stati capaci di fare in Europa. Oggi, con le nuove generazioni, l’ambiente di riferimento è diventato il nostro, la qualità della vita è un valore anche per loro e non ha più alcun senso esibire le conquistate ricchezze nelle patrie d’origine».
Ma la «fuga», a quanto risulta alla Cisl, non è solo dalle fabbriche. Grande distribuzione e catene alberghiere sembrano essere diventati luoghi in cui operare in modo da far contento il datore è diventato sempre più difficile; e così si cambia. Anche se l’avanzata dei contratti a tempo determinato, nel Trevigiano come nel Veneto come in Italia, non si raffredda. I rapporti a termine riguardano ormai una nuova assunzione su due mentre quelle a tempo indeterminato scivolano all’11% del totale contro il 13% di un anno fa.
I dubbi sulle dimissioni degli scontenti trova in ogni caso alcune perplessità nel mondo dell’industria. Luciano Miotto, presidente di Imesa e già delegato di Confindustria Veneto per le relazioni industriali, ritiene che siano invece le imprese più grandi a rispettare mediamente di più la qualità del lavoro: «Gli investimenti compiuti in questi anni in attrezzature attenuano la necessità di ricorrere a straordinari – spiega – e nel mio caso siamo ben lontani dalle 130 ore alle quali eravamo arrivati nel 2008». Il malessere sulle linee è un argomento che incontra poco anche il pensiero di Fabio Franceschi, patron di Grafica Veneta. «Abbiamo figure che vanno dallo psicologo all’avvocato a disposizione dei nostri collaboratori – spiega – e abbiamo capito da tanto tempo come il benessere di chi produce sia direttamente collegato alla qualità del prodotto. Una volta avevo 40 iscritti al sindacato e oggi ne ho quattro. Qualcosa vorrà dire».