Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Martoriata con colpi alla testa conosceva il suo assassino Marocchina fatta a pezzi, sentito il compagno
La marocchina giustiziata con colpi alla testa. Interrogato il compagno albanese
VERONA
Continuano le indagini sulla morte della marocchina di 46 anni uccisa e fatta a pezzi il 30 dicembre. L’autopsia rivela che la donna è stata ammazzata con diversi colpi alla testa. I carabinieri, che in queste ore hanno interrogato anche il compagno albanese della straniera, lasciano aperte tutte le piste. Si fa largo però l’ipotesi che la vittima conoscesse il suo assassino e per questo sono in corso accertamenti nell’ambito familiare e delle frequentazioni abituali della donna.
VALEGGIO SUL MINCIO (VERONA) Massacrata con dei colpi alla testa, prima di essere fatta a pezzi e gettata nella campagna di Valeggio sul Mincio.
È stata uccisa così Khadija Bencheikh, la marocchina di 46 anni il cui cadavere sezionato in una dozzina di parti è stato rinvenuto il 30 dicembre in località Corte Gardoni, a neppure quattro chilometri da Borghetto, da sempre una delle mete turistiche più apprezzate del Veronese.
È quanto è emerso dall’autopsia eseguita sui poveri resti della vittima. Una circostanza che consente ai carabinieri di Verona e della Compagnia di Peschiera di aggiungere un altro tassello nella ricostruzione, agghiacciante, del delitto avvenuto probabilmente nelle 24 ore antecedenti al macabro ritrovamento.
L’assassino ha quindi colpito «diverse volte» la straniera al capo utilizzando un oggetto contundente, non affilato, che ha provocato lesioni interne risultate fatali. Poi ha tagliato il corpo utilizzando un attrezzo meccanico, forse una sega a motore. Infine ha avvolto i monconi in alcuni panni di stoffa bianca e li ha messi all’interno di un borsone da palestra e di un sacco di nylon azzurro. Infine, ha raggiunto il luogo del ritrovamento, probabilmente in auto e nella notte tra venerdì e sabato. A piedi ha percorso il breve sentiero che dalla strada di Corte Gardoni risale il crinale e lì ha sparpagliato i resti, forse nella speranza che venissero fatti sparire dalla colonia di cinghiali che ha eletto come tana i dintorni della base militare abbandonata che sorge a poche centinaia di metri.
Dopo la svolta arrivata grazie all’identificazione della vittima, le indagini proseguono per stabilire, tra le altre cose, quale sia il movente dell’omicidio. Ambienti investigativi assicurano che tutte le piste sono aperte. Ma c’è una ipotesi che, nelle ultime ore, sembra prendere piede: Khadija probabilmente conosceva il suo assassino e quindi non è possibile neppure escludere la pista passionale o di un litigio finito nel sangue. Anche per questo le indagini per ora si concentrano sulla cerchia dei familiari e dei conoscenti della donna, e diverse persone sono già state sentite dagli inquirenti. In particolare, l’omicida potrebbe aver frequentato la zona di Valeggio sul Mincio, dove ha scelto con cura il luogo in cui sbarazzarsi del cadavere. Al momento però ancora nessuno è stato iscritto nel registro degli indagati. «Posso garantire che i carabinieri stanno lavorando alacremente - assicura il procuratore capo di Verona, Angela Barbaglio - per arrivare a risolvere questa complessa indagine».
Per stringere il cerchio intorno al killer, gli investigatori hanno ricostruito la vita della vittima. Con regolare permesso di soggiorno, Khadija viveva in Italia da circa vent’anni, gli ultimi trascorsi in un appartamento a Verona. Si manteneva con mansioni saltuarie, perlopiù svolgendo lavori domestici. Sposata con un marocchino (che non è ancora stato rintracciato) si era separata nel 2009 ma pare che tra i due i rapporti si fossero interrotti da tempo. Interrogato a lungo, invece, il nuovo compagno, un albanese sul quale per ora non c’è alcuna accusa.