Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Parlamentari Pd, bagno di sangue: 2 su 3 rischiano di restare a casa
Le elezioni del 4 marzo si annunciano come un bagno di sangue in Veneto per il Pd. I parlamentari uscenti sono 26. Quelli sicuri della rielezione 7, al più 8. Tutti gli altri dovranno giocarsela nel proporzionale, è sarà dura. Quasi impossibile nei collegi uninominali, dove gli stessi dem confermano che il centrodestra si avvia a fare cappotto, 28 su 28. Dal Minniti ai «renzianissimi», da Baretta a Variati passando per la minoranza, ecco chi corre.
Al clima euforico del centrodestra, già VENEZIA al lavoro chino sulla calcolatrice, fa da contraltare in questi giorni quello da tregenda del Pd, dove grazie al Rosatellum, legge elettorale che porta il nome del capogruppo del Pd e che dal Pd è stata fortemente voluta, scritta e votata, è atteso in Veneto un bagno di sangue.
La prospettiva indicata dal sondaggio riservato di Forza Italia raccontato martedì dal Cor
riere del Veneto (28 collegi uninominali su 28 appannaggio di Lega, Forza Italia e alleati) viene confermata dai dem che ammettono sconsolati di avere qualche flebile chance soltanto a Rovigo e Venezia. Ne consegue che gli unici posti certi-matematici sono quelli da capolista nei sette listini del proporzionale, a cui se ne aggiungerebbe un ottavo col secondo classificato alla Camera a Verona. Tutti gli altri ballano e con loro gli aspiranti parlamentari, che sono tantissimi: basti pensare che grazie al maxi premio del Porcellum nel 2013 il Pd elesse qui 26 tra senatori e deputati. Se i numeri dei sondaggi dovessero essere confermati, il 4 marzo due su tre resterebbero a casa.
Premessa doverosa prima di procedere con i nomi: tutto si deciderà a Roma, il partito locale sta assistendo impotente al sudoku in atto al Nazareno. Altra postilla: le suggestive voci circolate nei giorni scorsi sulla possibile candidatura della campionessa paralimpica trevigiana Bebe Vio, che ha colto di sorpresa qualche
dem, sono totalmente destituite di fondamento visto che Bebe (il cui rapporto diretto e confidenziale con Renzi è notorio dai tempi del viaggio negli Usa) ha 20 anni e per candidarsi alla Camera ne servono 25. L’aneddoto dà però l’idea dell’agitazione che regna in casa Pd.
Da Roma rimbalza la notizia della possibile candidatura del ministro dell’Interno Marco Minniti, che troverebbe nel proporzionale in Veneto una rete di salvataggio nel caso in cui non riuscisse a vincere il duello uninominale nella sua Calabria. Minniti viene considerato il dirigente nazionale più spendibile qui, per il profilo law & order con al petto la medaglia del freno agli sbarchi, ma forse a guardare un po’ più in profondità non è detto che la mossa sia poi così azzeccata, perché darebbe il destro alla Lega per impostare tutta la campagna sul filone «hub, clandestini, invasione, Cona e Bagnoli» sicuramente ridimensionato in questi mesi ma ben lungi dall’essere risolto. Il Pd rischia di dover giocare in difesa, anziché in attacco come qualcuno pensa.
Comunque, se arriverà Minniti i posti da capolista si riducono a sei. Tre sono già assegnati ai renzianissimi Roger De Menech alla Camera Treviso-Belluno, Alessia Rotta alla Camera a Verona-Rovigo, Alessandro Zan alla Camera a Padova; è possibile che un quarto posto sia dato a Gianni Dal Moro, al Senato Verona-Vicenza-Padova, ma il veronese potrebbe essere piazzato anche al secondo posto «semi blindato» della Camera a Verona, dietro la Rotta, o potrebbe essere invitato a giocarsela all’uninominale, avendo già due legislature alle spalle (lo stesso, nonostante la legislatura per loro sia una soltanto, potrebbe accadere con Laura Puppato a Treviso, Giorgio Santini a Padova e Diego Crivellari a Rovigo). Il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta, area Franceschini, potrebbe guidare la lista dell’altra lista proporzionale del Senato, Venezia-Treviso-Belluno-Rovigo. Chiuderebbe il conto, alla Camera Venezia, Sara Moretto (area Renzi). L’eventuale spostamento di Dal Moro, come la scelta di non candidare qui Minniti, semplificherebbe le cose su Vicenza, dove c’è Daniela Sbrollini (area Rosato) ma pure l’ormai ex primo cittadino Achille Variati, che però nonostante due tentativi, prima con la Legge di Stabilità e poi col decreto di indizione delle elezioni, ancora non è riuscito ad ottenere l’agognata deroga libera-sindaci. Alessandra Moretti fa partita a sé: gode di ottime relazioni al Nazareno e potrebbe essere candidata ovunque, anche se lei assicura di non voler correre a tutti i costi.
Quattro (grossi) nodi da sciogliere: manca all’appello l’area Martina, che è pur sempre il vicesegretario nazionale e qui in Veneto ha in Diego Zardini e Federico Ginato i suoi alfieri; manca la minoranza di Orlando, che in Veneto chiede una quota-congresso del 20-30% e punta su Andrea Martella, Alessandro Naccarato e Vanessa Camani; mancano pure possibili ( rec
tius: probabili) paracadutati dell’area centrista neo margheritina, che se fanno la coalizione (ed è il Pd ad aver voluto una legge che spinge per le coalizioni) di sicuro non la fanno per spirito decoubertiano. Infine, l’ultimo guaio: tutti i nomi che girano sono di parlamentari uscenti. Ora, va bene garantire chi «ha lavorato bene» ma sicuri che la base del partito, già piuttosto sfiduciata, accetti di buon grado di non vedere in lista un sindaco, un ex sindaco, un qualsivoglia volto nuovo «del territorio»?