Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Paesaggi dell’anima
La rivoluzione dei «Borghesi di Calais» che furono esposti nel 1889 accanto a Monet
Storia L’episodio della Guerra dei Cent’anni è affrontato senza retorica Dialogo La mostra parigina «Rodin/ Monet» ebbe un successo enorme
Barbara Codogno di L’ ultimo decennio che chiude la prima parte dell’opera di monsieur Auguste Rodin, con I Borghesi di Calais a sigillarne la spinta, si contraddistingue ancora per la ricerca della verità. Dal bisogno dell’autore di incontrarla tra la gente, nella storia. E, soprattutto, di narrarla.
Era il 1884 quando Omer Dewavrin, sindaco di Calais, e il consiglio municipale, vollero celebrare Eustache de Saint-Pierre, l’eroe locale, con un monumento. Eustache de Saint-Pierre deve la sua fama alla Guerra dei Cent’Anni, quando, per porre fine all’assedio della città, offrì la sua vita al re Edoardo III d’Inghilterra.
Al sacrificio si unirono altri cinque illustri cittadini: Jean d’Aire, Pierre e Jacques de Wissant, Andrieu d’Andres e Jean de Fiennes. Di fronte al nobile gesto dei Borghesi, Filippa di Hainault, moglie del re, rese a tutti salva la vita.
Rodin si appassionò all’episodio e presentò il suo primo modello: tutti e sei i cittadini di Calais con Eustache de Saint-Pierre al centro che, con un braccio alzato, invitava gli altri a seguirlo. Questa versione entusiasmò il sindaco e nel gennaio 1885 Rodin ricevette la commessa ufficiale del monumento per un compenso di 15.000 franchi.
Nel maggio dell’anno seguente Rodin giunse però a un secondo modello, rivoluzionando l’idea iniziale: non più il gesto di un singolo eroe ma il racconto di una tragedia collettiva: «Non li ho raggruppati in un’apoteosi trionfante – scrive lo stesso Rodin una simile glorificazione del loro eroismo non avrebbe corrisposto a nulla di reale. Al contrario, li ho come sgranati uno dietro gli altri, perché, nell’indecisione dell’ultima lotta interiore tra la devozione alla propria città e la paura della morte, ognuno di loro è come isolato di fronte alla sua coscienza».
Marco Goldin sottolinea come nessuno mai, prima di Rodin, avesse compiuto ritratti di tale profondità psicologica ed evidenzia anche la nuovissima concezione del monumento pubblico: un monumento che rifiuta la celebrazione e l’esaltazione dell’eroismo per puntare invece sull’approfondimento interiore.
A Calais il secondo modello suscitò un po’ di perplessità. Secondo i membri del Comitato il monumento pubblico avrebbe dovuto esaltare il patriottismo e l’eroismo dei protagonisti.
Rodin fu quindi criticato per non aver dato il giusto risalto a Eustache de SaintPierre, per aver creato un’atmosfera collettiva di disperazione e per non aver utilizzato la composizione piramidale.
L’autore rispose che lo schema a piramide era una struttura convenzionale, irrigidiva i movimenti e immobilizzava le figure. E che egli aveva inteso far trasparire nei sei personaggi proprio quel senso tragico che aveva incontrato leggendo la Cronaca di Froissart che ne narrava la vicenda. E non modificò nulla.
Per la realizzazione del monumento Rodin lavorò separatamente alle sculture, in un primo tempo nude, poi coperte dalla tunica indossata dai condannati, così come nelle descrizioni di Froissart. L’assemblaggio del gruppo venne poi realizzato molto rapidamente per l’apertura della mostra Monet/Rodin che si tenne a Parigi dal 21 giugno 1889 alla fine di agosto.
Anche per Monet gli anni Ottanta furono anni di profondo cambiamento. Dopo il decennio impressionista, l’autore ruppe la totalità della pratica del plein air, prediligendo il lavoro di approfondimento sulla luce in atelier.
La mostra Monet/Rodin fu un evento molto importante, tale da superare l’Esposizione Universale che si svolse nello stesso periodo. Claude Monet vi espose 145 tele, mettendo insieme una vera e propria antologica dove apparve centrale il ruolo giocato dalla Normandia, soprattutto per la sua riconsiderazione del
plein air. In Normandia Monet condusse ben due campagne di pittura dove realizzò moltissimi dei suoi «studi». Come ci spiega Marco Goldin, il pittore li chiama «studi» perché sa che, pur apparentemente conclusi, non reggeranno alla sua successiva osservazione nella tranquillità dell’atelier.
Centro del suo lavoro è Pourville: le sue scogliere meravigliose e intagliate da profonde vallette, la spiaggia, la valletta silenziosa di Petit-Ailly, le falesie e il mare. Il mare in tutta la sua estensione di emozioni e significati. Il mare come Monet lo celebra nel bellissimo Reti da pesca a
Pourville (1882, Collection Gemeentemuseum Den Haag, The Netherlands). Il quadro, certamente realizzato subito dopo il rientro di Monet da Parigi nel 1882, fa parte di un piccolo gruppo di tre, con le reti che i pescatori ponevano tra le rocce proprio davanti alla spiaggia di Pourville. Monet dipinse il quadro durante la bassa marea, quando i pescatori tiravano a riva i pesci finiti nelle reti. Con l’azzurro del cielo e del mare a rimescolarsi nel vento.