Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Avvocati e riforma PENALISTI, SCIOPERO STORICO
Tra il dilagare delle astensioni dal lavoro e dal servizio, va segnalata come evento quella degli avvocati penalisti, oggi 3 maggio. Protesta nata per sollecitare il varo della riforma carceraria, imposta all’Italia dalla Corte Europea fin dal 2013, elaborata da oltre 200 specialisti e passata al vaglio da Commissioni su Commissioni. Dallo scorso marzo è sulla «rampa di lancio» per essere varata. Ma evidentemente i nostri politici han ben altro a cui pensare. E non è strano, anche se certo inusitato, che a proclamare l’astensione dal serviziodifesa (vero sciopero di toga) siano gli avvocati penalisti. Un evento ben definibile storico, almeno per chi scrive, che, dopo sessant’anni di oga, ha avuto la ventura di vederlo proclamato. L’Avvocatura che scende in campo per sollecitare una riforma legislativa: come non ravvisare in tutto ciò un felice ritorno alle tradizioni del foro veneto, che, attraverso la presenza di suoi rappresentanti negli organismi legislativi della Serenissima, ha potuto assicurare l’aderenza del suo ordinamento alle esigenze via via verificatesi nei mille anni della sua storia. Nel dilagare delle specializzazioni professionali forensi, in cui il «tuttologo» non ha più spazio operativo, non c’è dubbio che debbano essere le associazioni professionali di categoria a dover (come si dice in artiglieria) «stare sul pezzo»: pronte ad intervenire sul piano tecnico dell’evoluzione legislativa della rispettiva materia.
Ma appunto con rilievi tecnici, che solo uno specialista di materia è in grado di rilevare. Tutto questo, a settant’anni dal varo della Costituzione. Quando si trattò di disciplinare la funzione Giustizia, sorse dibattito sul come definire la magistratura. Alla fine prevalse la tesi consacrata nell’articolo 104, che la qualifica «un ordine autonomo e indipendente». Un ordine. difficile, scoprendolo, che non salti in mente che esiste un altro ordine, della difesa, ch’è a sua volta essenziale perché l’ordine della magistratura possa operare. Due ordini, due mondi. Subiamo - e noi avvocati dobbiamo operarvi- delle leggi che a dei tecnici paiono a dir poco allucinate: il recente Codice della Giustizia contabile arriva a prevedere che le spese di difesa dell’inquisito che venga prosciolto siano pagate dall’ente di sua appartenenza, che non era nemmeno parte nel relativo processo e tutto tace. A differenza dell’altro ordine, dei magistrati, che, per un neo che rilevino, son pronti a prese di posizione molto decise ed a proteste anche clamorose. Anche questo è esercizio del dovere di solidarietà politica, economica e sociale che l’articolo 2 della Costituzione pone come dovere inderogabile di ogni cittadino. Altro che un’astensione sollecitatoria. L’Avvocatura italiana deve promuovere e coltivare una vera insurrezione culturale. Lo impone il dovere di toga, che deve continuare ad essere onor di toga.