Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Vicenza, servono soldi e passione»
Lo storico presidente Dalla Carbonare dopo l’ennesima asta nulla (la terza a giugno)
VICENZA La terza asta sarà fissata i primi di giugno, quando il destino della squadra sarà già stato scritto (permanenza in C o retrocessione). Il valore della vendita non cambia rispetto ai due bandi deserti. Di cui non si stupisce Pieraldo Dalle Carbonare, storico presidente di una squadra (che fu) gloriosa (lo fu negli anni 90). «Servono risorse e passione, al Vicenza servirebbe un imprenditore come Renzo Rosso. Anzi per la società sarebbe una benedizione».
VICENZA Vicenza Calcio, colori sociali bianco e rosso, «estinto». Come il Dodo e la tigre della Tasmania. Perché l’estinzione è più di una semplice ipotesi dopo che è andata deserta anche la seconda asta per trovare acquirenti a un club che in 116 anni di storia ha vinto una Coppa Italia, ha conteso uno scudetto alla Juve, ha lanciato due Palloni d’Oro di nome Paolo Rossi e Roberto Baggio, ha mancato di un amen la finale di Coppa delle Coppe del ‘98.
Entro i primi di giugno si ritenterà con una terza chiamata ma senza indulgere a troppi ottimismi. Il quadro è chiaro: se da fuori Vicenza sono finora arrivate almeno delle voci su imprecisabili cordate, da città e provincia è giunto solo un plumbeo silenzio. Nessun cenno da un’imprenditoria fra le più ruggenti e facoltose d’Italia. La tiene a distanza una base d’asta (un milione e 470mila euro), ritenuta eccessiva? O le vicende legate alle ultime gestioni societarie, non certo positive? Proviamo a parlarne con Pieraldo Dalle Carbonare, classe 1952, imprenditore di Thiene, presidente del Vicenza della Coppa Italia con Francesco Guidolin in panchina.
Dalle Carbonare, stupito dalla seconda asta a vuoto?
«Neanche per idea, era uguale alla prima con la sola differenza di un’ipotesi di sconto in caso di retrocessione in D».
Ipotesi realistica...
«Vero, ma trecentomila euro in meno sono pochi».
Occorre calare i prezzi?
«È necessario, chi non lo capisce ignora cosa significa investire nel calcio».
Però molti imprenditori vicentini, quelli che non si perdono una partita al Menti, dovrebbero saperlo...
«Proprio perché lo sanno, non si fanno vedere».
Si spieghi...
«Non è tanto un milione e mezzo a far cascare le braccia. È la consapevolezza di essere costretti subito dopo a tirarne fuori il triplo».
Costretti da cosa?
«Dai costi del calcio. L’unica ragione che può portare un imprenditore sano ad acquistare anche la più fallita delle squadre è farla rinascere, non infilarle una flebo».
E quindi, nel caso specifico del Vicenza?
«Non basta tenerla in piedi in un campionato povero come la C, che non riempie nessuno di soldi. L’unico rientro possibile di un investimento del genere è almeno la serie B, dove la squadra torna visibile e può fare mercato. Ma per risalire in serie B bisogna aggiungere almeno il triplo dei soldi, per cui si capisce se l’asta va deserta».
Lei precisa «almeno» la B, facendo capire che in occorre puntare più in alto.
«I tifosi vicentini hanno capito benissimo cosa significa vivacchiare per una decina d’anni fra i cadetti: i risultati si sono visti. È molto più sano puntare alla A, a grandi incassi e dividendi».
Perché a Vicenza, dopo la sua presidenza, nessuno ha più mostrato ambizioni di questo genere?
«Nel calcio io credo poco alle cordate e penso piuttosto che ci vogliano imprenditori spinti da passione e sano spirito d’avventura. Io ho retto fino alla crisi dell’azienda di famiglia, poi non mi è stato più possibile».
E dopo la sua presidenza, cosa è successo?
«Troppe gestioni improvvisate, prima da parte degli in- glesi dell’Enic, poi dei vari presidenti vicentini».
Passata la voglia di seguire il calcio?
«Sì. Oggi lavoro nell’abbigliamento e al sabato sera, quando ha chiuso con un’altra settimana di lavoro, per fortuna ho altre gioie che mi consolano...».
Lei non ama le cordate, ma intanto neanche di quelle si sente parlare, a Vicenza.
«Ricordo quella che ci provò dopo la mia uscita di scena, c’erano imprenditori capaci come Aleardi e Pastorello, si schiantò contro gli inglesi».
E oggi?
«Ho sentito il nome di Renzo Rosso, sarebbe una benedizione per il Vicenza: ha le risorse, la competenza e la passione».
Però Rosso ha anche il Bassano da gestire…
«Io credo che se uno come Renzo Rosso decide di muoversi, difficilmente si può fermarlo. A Bassano come altrove. Ecco, uno così può salvare il Vicenza».