Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Bcc, sulla riforma passi irreversibili Catastrofico fermare tutto adesso»
Banche, no del credito cooperativo veneto al governo. Novella: «Confronto subito»
Rivedere le riforme delle banche popolari e del credito cooperativo avviate dal governo Renzi? Al presidente del consiglio del governo Lega-Cinque Stelle, Giuseppe Conte, che di questo ha parlato nel discorso di fiducia alla Camera, dal Veneto arriva un sonoro altolà. Non dal mondo delle popolari, ovviamente, di fatto estinto. Ma da entrambi i gruppi in cui si stanno riorganizzando le Bcc – Iccrea e Cassa centrale – e dagli ambienti accademici.
Il solo a vedere nelle intenzioni del governo un segnale interessante è Andrea Arman, avvocato trevigiano alla guida del Coordinamento delle associazioni dei soci delle popolari venete «Don Torta». Secondo lui una riforma della riforma sarebbe prima di tutto un «motivo di soddisfazione: noi per primi – sostiene nella sua tesi – avevamo mosso critiche al governo per la trasformazione in Spa che delle popolari è stata poi la rovina». Riavvolgere il nastro qui è impossibile, mentre, rileva Arman, «c’è ancora tempo di agire sul credito cooperativo. Se non si rispetta la configurazione molto territoriale della finanza veneta – conclude – portare le Bcc nei grandi gruppi nazionali creerà solo grandi dispiaceri».
Punto di vista, però, che vede schierati su posizioni opposti gli esponenti sia di banche prossime all’ingresso in Iccrea, sia di istituti che hanno scelto la via trentina di Ccb. «Giusto che un governo nuovo che s’insedia analizzi la legislazione che trova - riconosce Ilario Novella, presidente della Federazione veneta Bcc e vice al Credito Trevigiano in quota Iccrea – ma è altrettanto giusto che, prima di assumere decisioni, ci sia un dialogo fra le parti, così come è avvenuto con i governi precedenti. Vista la fase avanzata mi auguro che un colloquio con l’intera categoria avvenga al più presto». Flavio Stecca, leader di Centroveneto Bassano Banca, in quota Ccb, non ha esitazione nel prefigurare «una catastrofe» se il percorso fosse interrotto ad appena 120 giorni dalla concessione delle autorizzazioni ai gruppi. Investimenti a parte, «entrambe le squadre hanno intrapreso ristrutturazioni e riorganizzazioni talmente profonde da non essere più reversibili. E si tratta di scelte molto spesso assistite da studi di consulenza internazionali, quindi ponderate».
Parlando del solo Veneto, il processo, in quasi tre anni e mezzo dal suo avvio, ha riguardato 33 Bcc nel frattempo diventate 22 che operano con 541 sportelli e di cui sono soci 128 mila cittadini e aziende. Una macchina dotata di due miliardi di fondi propri che nel 2017 ha raccolto 28 miliardi, 20 dei quali per vie dirette, e affidato 17 miliardi, cioè il 12% del totale regionale.
In ogni caso non sono ancora affatto chiari i progetti tratteggiati da Conte nel suo intervento a Montecitorio. In una mozione presentata in Senato un mese fa, primo firmatario l’economista leghista Alessandro Bagnai, ritenuto un po’ come il documento ispiratore, si chiede una moratoria di 18 mesi. Una sospensione nella costituzione dei gruppi per verificare come metterci le mani. «Mi pare non si tenga in considerazione – rileva però Matteo De Poli, docente di diritto dell’economia a Padova, e tra i maggiori esperti di legislazione bancaria – che non abbiamo più una sovranità legislativa sul comparto bancario, se non in pochissime fasi. La mia opinione è che si tratti di una fuga in avanti retorica e demagogica». Detto questo, prosegue De Poli, «metter mano alla riforma delle Bcc senza che sia completato la definizione dei gruppi è pericolosissimo. Ricordiamoci quanto sia stato complesso l’inserimento delle singole realtà e la frustrazione per non aver creato un unico gruppo. Invertire la direzione a metà del guado è molto pericoloso». Se il focus è la separazione delle banche commerciali da quelle d’investimento, questo «merita molto più che una riflessione episodica parlamentare di tipo politico. Sono scelte che devono rispondere a precisi criteri di efficienza e non basate su richieste di giustizia di risparmiatori traditi». Ugualmente netto il collega di Ca’ Foscari Ugo Rigoni: «Sono favorevole a lasciare le cose come stanno andando. Sono due riforme che io trovavo a suo tempo ragionevoli e che continuo a trovare ragionevoli. Non vedo motivi per tornare indietro o cambiare».
Stecca Entrambe le squadre hanno intrapreso riorganizzazioni profonde De Poli Non abbiamo più sovranità legislativa sul comparto