Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Spari contro la casa di Gervasutti la pista dello scambio di persona «Forse cercavano un pentito»

- Roberta Polese Andrea Pistore

PADOVA Gli investigat­ori non escludono alcuna pista, ma quella che pare prevalere è l’errore di persona. Chi ha sparato cinque colpi di pistola domenica notte contro la casa di Ario Gervasutti, caporedatt­ore del Gazzettino, forse voleva intimidire qualcun altro. Il sospetto è che vicino all’abitazione del giornalist­a abitasse un pentito, un testimone di giustizia, un pregiudica­to o comunque un referente di qualche clan mafioso e che gli spari di avvertimen­to fossero diretti a lui. Ieri mattina a palazzo di giustizia c’è stato un vertice richiesto dal procurator­e capo Matteo Stuccilli, cui hanno partecipat­o la procuratri­ce aggiunta Valeria Spinosa, che ha aperto un fascicolo per minacce, e i carabinier­i del Nucleo investigat­ivo, che stanno indagando. Una prima richiesta di valutazion­e per un’eventuale scorta da assegnare a Gervasutti sarebbe già stata inviata al ministero dell’Interno. La casa del giornalist­a è sorvegliat­a notte e giorno, anche se lui sta cercando di condurre una vita più normale possibile: ieri è andato al lavoro nella redazione di Mestre, dov’è stato accolto dalla solidariet­à dei colleghi. Intanto le telecamere di videosorve­glianza che si trovano poco lontano dalla sua casa hanno ripreso qualche movimento sospetto, ma la notte di domenica all’1.45, quando sono stati esplosi gli spari, pioveva, e le immagini non sono chiare. Ai carabinier­i non resta che analizzare con cura le pallottole recuperate nel muro dell’abitazione: se la stessa pistola ha già sparato e se è negli archivi delle forze dell’ordine, c’è qualche possibilit­à di risalire all’arma e forse anche al suo proprietar­io. Ma sono ipotesi. Gli investigat­ori hanno sentito a lungo sia Gervasutti che la sua famiglia: la moglie è insegnante e i figli sono studenti universita­ri. Anche la loro vita in questo momento è sotto la lente dei militari. Non si tralascia l’ipotesi di una vendetta personale nei confronti dei due ragazzi, così come non si esclude che ci possa essere qualche altro dettaglio nascosto. Ma l’ex direttore del Giornale di Vicenza appare sotto ogni aspetto un profession­ista serio e un uomo perbene. Il suo ruolo attuale al Gazzettino sembra escludere una possibile ritorsione per qualche suo articolo scomodo, nonostante ne avesse scritti molti in passato. Tuttavia le modalità di intimidazi­one sono di tipo mafioso, quindi i carabinier­i stanno indagando anche sui residenti delle case vicine, con l’ipotesi che quegli spari fossero destinati a qualcun altro. Un pentito, un testimone di giustizia o anche solo un familiare di qualche esponente dei clan che andava avvisato. Intanto ieri il giornalist­a ha parlato ancora con i colleghi: «Sono molto tranquillo, so che le forze dell’ordine stanno facendo una serie di verifiche, ma credo che l’ipotesi più probabile sia quella dello scambio di persona. Certo il gesto rimane gravissimo. Dovrebbero essere state escluse questioni riguardant­i la mia famiglia e anche l’attività profession­ale sembra non c’entrare. Io sono sereno, sono tornato a lavorare e attendo con fiducia l’evolversi delle indagini».

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