Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Un museo e la nazione
Addirittura, quest’ultima, raccolta sotto la bandiera di San Marco, il simbolo dello stato veneziano che, al contrario, metteva assieme nazioni diverse, dall’italiana, alla slovena, alla croata, all’albanese e alla greca. Nessuna contrapposizione, dunque, tra le dimensioni regionali e statale di espressione della nazione Italia, e ancor meno, oggi, tra la dimensione statale e quella europea, della quale dobbiamo invece solo dolerci della debolezza nella quale l’Unione Europea si è autointrappolata. La debolezza istituzionale alimentata dalle illusioni sovraniste cresciute dopo il fallimento del trattato “costituzionale” di Giscard d’Estaing e Amato formulato nel 2003 e abbandonato nel 2007. In un mondo nel quale le informazioni si spostano da un capo all’altro dello stesso istantaneamente, le persone nel giro di ore e le merci nel giro di giorni, la dimensione statale appare ogni giorno più inadeguata alle esigenze della nazione. Essa è resa obsoleta dall’emergere di «spazi di azione cosmopolizzati», per dirla alla Ulrich Beck, che esistono a prescindere dal fatto di essere percepiti o meno da attori istituzionalizzati in quadri nazionali. Sono questi gli spazi «che si usano senza avere un corrispondente passaporto, parlare la lingua di un determinato luogo o possedere una particolare identità» nei quali si producono tutti i fenomeni genericamente definiti di globalizzazione, comprese le guerre dei dazi o le migrazioni intercontinentali, rispetto alle quali quelle oggetto dei nostri respingimenti sono pallide manifestazioni. Spazi di azione che mettono in crisi lo spazio statale di espressione della nazione, ma non la stessa, a condizione che questa trovi forme istituzionali di cooperazione: per l’Italia oggi, l’Unione Europea, senza alternative. È quanto aveva intuito, e praticato, Carlo Azeglio Ciampi, che mentre al Governo aveva affiancato Romano Prodi nella santa «infatuazione europeista» tutt’altro che «acritica», da Presidente della Repubblica si era impegnato nel più deciso progetto di rafforzamento dell’identità nazionale e dei suoi simboli, dal tricolore all’inno di Mameli, dal dopoguerra.
L’M9 nasce a Mestre come progetto di Museo, innovativo, immateriale e dedicato al ‘900, il secolo nel quale si è fatta l’Italia moderna. Nasce da una esigenza locale, ma, eterogenesi dei fini, potrebbe presto rivelarsi strumento prezioso per ridare agli italiani un loro sano orgoglio nazionale.