Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il giudice, il ragazzo e il Cammino «Niente processo se vai a Santiago»
Ammessa per un padovano la pena alternativa del pellegrinaggio. È la prima volta
VENEZIA Ha camminato fino all’orizzonte della sua colpa. A un passo dal cancellarla. Lo ha fatto ininterrottamente per tre mesi, due Stati e tutto il fiato che aveva nei polmoni, fino a non sentire più le gambe, fino all’oceano e ritorno. Siviglia, via de la Plata, via Sanabrese, Santiago, Finisterre, di nuovo Santiago, Leon e di ritorno per la via francese: 1500 chilometri di sudore e redenzione che potrebbero annullare il processo a suo carico. Sì, questi aspirano ad essere i primi 1500 chilometri capaci di immunizzare la fedina penale di un ragazzo.
Ora è tutto nelle mani del giudice del tribunale minorile di Venezia, che per la prima volta in Italia ha accolto il cammino di Santiago de Compostela come «messa alla prova» di un ragazzo difficile sottoposto a processo. Una formula alternativa al percorso giudiziario che permette di annullare il procedimento in corso. Non un’assoluzione, non uno sconto di pena, ma un reato derubricato dal giudice. Se il magistrato dirà di sì, il giovane padovano sarà riscattato di ogni torto causato alla collettività. Non ci credeva nemmeno lui quando si è infilato le sneakers e si è intascato quel patto scritto piegato in quattro. Lì le regole nero su bianco: niente alcol, niente stupefacenti, niente smartphone, meno di 40 euro giornalieri da spendere per rimediare un letto e qualcosa da mettere nello stomaco. E la promessa di arrivare fino alla fine.
La firma in calce è la sua e quella del suo accompagnatore, un sessantottenne mestrino, «un certo Fabrizio», dice lui, un uomo mai visto prima dal ragazzo. Quel «certo Fabrizio» ha messo in pausa la sua vita per tre mesi, diventando la sua ombra, «o la mia spina nel fianco». «Nonno e nipote» si definivano agli sguardi insistenti. E forse in questi 85 giorni di cammino lo sono anche diventati. Era la giustificazione più plausibile da dare ai passanti, poi un’abitudine, poi un’affettuosità tinta di scherno. Ai viaggiatori in grado di scorgere oltre, la loro storia l’hanno raccontata per davvero: l’ormai 22enne commette reato quando di anni ne ha 15.
Un italo nordafricano problematico e ribelle. Famiglia difficile, vita sregolata, dipendenze a carico lo portano presto davanti al banco degli imputati. È un’associazione mestrina, la neonata «Lunghi cammini», che tra carcere e delinquenza scopre un asso vincente sopra il tavolo del ragazzo: il cammino di Santiago. E il giudice ha detto sì, approvando un programma personalizzato dall’Ufficio di servizio sociale per i minorenni: il cammino ne è motore, insieme a frequentazione del Sert, attività lavorativa e di volontariato. «Il giudice attende e dà credito. Poi arrivano le relazioni dei servizi coinvolti e il dialogo con il ragazzo» racconta l’iter Isabella Zuliani, presidente dell’associazione veneziana, l’unica in Italia impegnata a sostenere i ragazzi fragili con lo strumento del cammino. Iter giudiziario che con questa svolta sembra riscattare anche se stesso: la sua lungaggine ha lasciato che l’adolescente superasse abbondantemente la maggior età. «Essere chiamato a giudizio da adulto per aver messo le mani nella marmellata da adolescente ha montato un senso di ingiustizia nel ragazzo», sospetta Zuliani.
E c’è da chiedersi se abbia considerato ingiuste anche le alzatacce all’alba di questi tre mesi, considerata l’abitudine di svegliarsi alle 13. Ci ha pensato quell’angelo custode «in pensione», Fabrizio, che con lui ha fatto un viaggio nel viaggio, imparando a non reagire alle provocazioni, a incassare, a prendere tempo. E a portarsi a casa il ragazzo. «Ho scoperto che camminare è un pensatoio» è la prima cosa che ha detto il giovane di ritorno dal suo «itinerario (quasi) impossibile». Diventato possibile grazie «alla mia spina nel fianco, sì, ma buona».