Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lavoro, le imprese strigliano la Lega «Sul decreto non può più tacere»
Assindustria, durissimo j’accuse. Finco: «Silenzio con il M5S in cambio dello stop ai barconi»
TREVISO «Di Maio? Non l’ha mai assunto nessuno perché non ha mai lavorato in vita sua, che ne sa? Ma è a Zaia e alla Lega del nostro territorio che ci rivolgiamo. Di fronte al giro di vite sul mercato del lavoro, non può continuare a far finta di niente o a protestare sottovoce in cambio di un barcone di immigrati fermato». Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro non pesa certo le parole arringando gli oltre trecento imprenditori riuniti ieri al Bhr Hotel di Treviso per parlare del Decreto Dignità. Che poi, tira una brutta aria, già a partire dal nome. «Mi rifiuto di pronunciarlo – attacca Finco – perché presuppone che il mondo dell’impresa non abbia portato rispetto ai suoi lavoratori». Obiettivo dichiarato del doppio incontro di ieri (nel pomeriggio altri 250 imprenditori si sono riuniti a Padova) era fare il punto, sotto il profilo tecnico con l’ausilio di Arturo Maresca, giuslavorista de La Sapienza di Roma, del pacchetto di provvedimenti che mette le pastoie alla flessibilità nel mondo del lavoro, dal contingentamento dei rinnovi alla durata dei contratti a termine passando per la forte ipoteca sugli iper ammortamenti che agli imprenditori non va proprio giù. La verve incontenibile del presidente Finco, però, ha galvanizzato la platea di imprenditori toccando temi squisitamente politici. «Leggo che il Pd si oppone al decreto, più o meno, e capirai che sforzo. Io voglio sentire la Lega in Veneto che si oppone a questo decreto che non nominerò per principio – rincara la dose Finco – la nostra Lega sa benissimo come la pensa il mondo delle imprese a Nordest e non possono continuare a tacere o a parlare sottovoce in cambio di un tacito accordo sugli sbarchi dei migranti. Continuando così si favorisce il lavoro all’estero. Sarò chiaro anche se nessuno forse lo dirà ad alta voce ma fra gli imprenditori si comincia già a pensare di favorire le assunzioni oltre confine». Il presidente di Assindustria Venetocentro sottolinea anche la peculiarità del tessuto imprenditoriale nordestino: «Questo è il nuovo triangolo industriale con Bologna e Milano». Di fatto, con la doppia presentazione «incrociata» (il presidente padovano Finco a Treviso e il presidente vicario trevigiano a Padova, Maria Cristina Piovesana) sul Decreto Dignità, si tiene a battesimo la neonata Assindustria Venetocentro che ha fuso Padova e Treviso. Un battesimo di fuoco. E se quella che segue non è una minaccia, poco ci manca: «C’è chi parla di 8000 posti di lavoro a rischio – dice Finco evocando i numeri dell’Inps di Tito Boeri – ma il governo si ricordi che siamo noi che assumiamo». Il rischio è di azzerare una tendenza virtuosa che in Veneto ha visto nel primo trimestre 2018 un saldo positivo di 53.200 nuovi posti di lavoro e la crescita dei contratti a tempo indeterminato (29.500, +26%), specie per effetto della transizione dai contratti a termine. A spaventare, del pacchetto di norme del decreto, sono soprattutto le cause di lavoro possibili «Ci stiamo ancora leccando le ferite per l’ultima infornata di cause, io – dichiara Finco - ho perso un milione di euro così». E, infine, si torna sul tema della politica: «Dicono che bisogna essere filogovernativi, io, invece, dico quel che è. Al governo fanno a gara a chi la spara più grossa ma a chi ci governa dico “attenti” perché Sergio Marchionne ha segnato la via, parliamo sì di un abruzzese ma di fatto si tratta di un canadese che vive in Svizzera e paga le tasse in Olanda». E, ancora, un monito all’esecutivo legastellato: «Se si cerca il consenso delle piazze non andiamo da nessuna parte. Per questo abbiamo rivolto un invito a tutti i Parlamentari veneti ad intervenire, in sede di conversione del decreto, per apportare i necessari correttivi».
Più morbida nei toni ma non nei contenuti, Piovesana: «La vera precarietà era il 2008, durante una crisi superata grazie agli uomini e alle donne di buona volontà, e penso agli imprenditori, ai lavoratori e ai sindacati che sono stati supportati dalla politica. Ora si cancella la riforma Biagi e abbiamo il dovere morale di combattere».