Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Miteni, Greenpeace presenta due esposti: «Altre sostanze inquinanti oltre ai Pfas»
Dito puntato anche contro gli enti che non avrebbero vigilato. L’azienda: «Informazioni false»
TRISSINO Dopo i comitati di cittadini ora è anche Greenpeace a chiedere il sequestro della Miteni di Trissino, ritenuta la responsabile dell’inquinamento da Pfas, le sostanze perfluoro alchiliche scaricate nella falda e finite poi nel sangue di quasi 500mila veneti. E lo fa attraverso due esposti, depositati nelle ultime ore alla procura di Vicenza e alla Corte dei Conti del Veneto, tirando in ballo sostanze chimiche differenti dai Pfas e puntando il dito sulle autorità locali preposte che, denuncia l’associazione, «di fronte a prove tangibili di un inquinamento oltre le soglie di sostanze già normate, non hanno preso alcun provvedimento cautelativo e sanzionatorio ma hanno di fatto garantito a Miteni la continuità ad operare col rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) nel 2014». Ma l’azienda chimica replica a stretto giro: «Campagna diffamatoria con informazioni false», dichiara. Sta di fatto che Greenpaece chiede ai magistrati non solo di far scattare i sigilli sullo stabilimento ma anche «la verifica su eventuali responsabilità, frutto di dolo o di omissione, addebitabili ai rappresentanti legali dell’azienda e a rappresentanti e funzionari delle amministrazioni pubbliche coinvolte in un nuovo caso di inquinamento, accertato già nel 2013 e parallelo alla questione Pfas». Con sostanze chimiche considerate pericolose per la salute tra le quali dicloropropano, tricloroetilene, cloroformio. Secondo i documenti in possesso di Greenpeace, ottenuti con accesso agli atti di enti veneti, cinque anni fa in numerosi pozzi d’osservazione del sito Miteni «le concentrazioni nella falda di alcune sostanze chimiche già normate superavano fino a tre volte le Concentrazioni Soglia Consentite per le quali è previsto intervenire con operazioni di bonifica». Superamenti che, secondo Greenpeace, «erano stati comunicati da Miteni alle autorità competenti insieme alla richiesta di rinnovo dell’Aia, poi concessa dalla Regione Veneto il 30 luglio 2014». Per lo più, secondo l’organizzazione ambientalista, non sarebbero stati compiuti i dovuti controlli su tenuta ed efficacia della barriera idraulica. «Quanto emerge dai documenti ufficiali è gravissimo dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia - invitiamo la procura ad effettuare tutti gli accertamenti del caso e verificare le condotte degli enti pubblici, per le quali potrebbero emergere gravi responsabilità». Miteni, di suo, respinge le accuse, parlando di «attacco sistematico», di «dati falsi o dolosamente distorti», di sostanze citate «che nemmeno fanno parte del ciclo produttivo», come i nitroalogeniderivati «dovuti all’incidente della Rimar degli anni ‘70». «Non si comprende come tutto questo avrebbe dovuto influenzare il rilascio dell’Aia – scrive Miteni - visto che la presenza di sostanze e anche di PFOA a monte idrogeologico dello stabilimento era evidentemente dovuto ad altre fonti di contaminazione». Miteni negli ultimi giorni è stata multata dai carabinieri del Noe di
3,7 milioni di euro per mancate comunicazioni di dati ambientali. Una «dimenticanza» o un’omissione voluta
? Un altro aspetto, questo, al vaglio della procura che è ormai alle fasi finali dell’inchiesta Pfas, con nove indagati tra ex e attuali manager dell’azienda.
” Greenpeace Invitiamo la procura a verificare se vi sono state omissioni
La Miteni Attacco sistematico con dati falsi o dolosamente distorti