Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Rapina da Zancan, Derlesi in Cassazione
Il bandito accusato del tentato omicidio dell’orafo e di Stacchio fa ricorso
VICENZA Si gioca l’ultima carta a disposizione, quella della Cassazione, il giostraio veneziano Oriano Derlesi, già ritenuto colpevole e condannato in primo e secondo grado (sempre a nove anni e dieci mesi di reclusione) per l’assalto armato messo a segno con dei complici il 3 febbraio del 2015 alla gioielleria Luxo di Robertino Zancan a Ponte di Nanto. Per i colpi sparati con il kalashnikov, «arma tipo guerra»; e per il duplice tentato omicidio, nei confronti del benzinaio Graziano Stacchio e dell’orafo Robertino Zancan che si erano costituiti parte civile, assistiti dagli avvocati Marco Dal Ben e Lino Roetta. Lette le motivazioni della Corte d’Appello di Venezia che, il 23 febbraio scorso aveva ricalcato in pieno la sentenza del tribunale di Vicenza e che aveva rigettato i motivi del ricorso considerandoli «infondati», ora i legali del 54enne veneziano, a tutt’oggi in carcere, hanno presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, così come già avevano anticipato.
L’ultimo tentativo – il terzo grado - per gli avvocati Riccardo Benvegnù ed Emanuele Fragasso junior di sgretolare il castello accusatorio prima che la sentenza diventi definitiva per l’unico della banda finito a processo, incastrato dal Dna, oltre che dalle intercettazioni ambientali e telefoniche. Obiettivo della difesa far venire meno l’accusa del duplice tentato omicidio nei confronti di Stacchio e Zancan, negando qualunque tentativo, ma anche solo l’intenzionalità di far del male al benzinaio e all’orafo da parte del 54enne armato di kalashnikov che si trovava nel piazzale della gioielleria, in balia della banda. Sostenendo che la distanza, la traiettoria degli spari non sarebbero stati tali da uccidere i due: troppo in alto o fuori traiettoria i colpi sparati. Insistendo a sostenere ancora una volta, anche in base a quanto sostenuto dall’esperto balistico, che l’arma imbracciata, un kalashnikov Ak47 calibro 7.62, non era «tipo guerra», così come le munizioni.
Tutti aspetti che verranno discussi in aula e che riaccendono la memoria su quella maledetta sera del 2015 che stravolse la vita a più di qualcuno. A partire dal benzinaio Stacchio, diventato l’emblema della legittima difesa, lui che, per difendere la commessa della vicina gioielleria assaltata dai criminali armati, aveva sparato alla gamba di uno di loro, Albano Cassol, morto poco dopo.