Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Giancarlo, un vita da imprenditore nel mondo dei preziosi Gli amici: «Assurdo, è stato un raptus»
TRISSINO «Un uomo determinato, che sapeva il fatto suo», «un imprenditore orafo come tanti in zona, che aveva fatto la sua storia», «è stato un colpo di matto, non lo credo possibile quanto è arrivato a fare, è stata una pazzia». Chi conosceva Giancarlo Rigon, 59 anni di Trissino, un passato nel mondo dei preziosi in uno dei poli più importanti a livello provinciale e nazionale, stenta a credere che sia arrivato ad uccidere qualcuno per soldi, a quanto pare per un debito non onorato e probabilmente da diversi anni. Che sia arrivato anche ad uccidersi, dopo aver probabilmente placato la sua sete di vendetta. Almeno questo è quanto si sospetta. Ma voci insistenti parlano di una cifra importante che la famiglia Faggion gli avrebbe dovuto, probabilmente da alcuni anni, addirittura da una decina, e cioè da quando la famiglia della vittima aveva chiuso l’azienda orafa. Se questo sia davvero il movente starà ai carabinieri del nucleo investigativo di Vicenza, con il tenente colonnello Alessandro Giuliani, appurarlo, coordinati dal pubblico ministero Augusto Corno. Da chiarire anche se ieri Rigon, che conviveva con la compagna nella zona centrale di Trissino, si sia appostato vicino a casa della mamma del magazziniere, di cui evidentemente conosceva le abitudini. Forse era una vendetta che covava da molto, potrebbe aver studiato l’agguato, l’omicidio-suicidio: una ritorsione contro l’unico uomo di casa Faggion rimasto (Sergio Faggion, il titolare dell’impresa orafa locale è deceduto), non a caso nel momento più bello della sua vita, quello del matrimonio, quando stava risistemando la casa nel Veronese, quando avrebbe ricominciato una nuova vita, a due.
Per rimettere assieme i pezzi del puzzle ci vorrà tempo: le indagini sono già state avviate e verranno sentiti a stretto giro anche tutti i familiari del 39enne ucciso. Di certo Rigon non si è nascosto: sapeva che, dopo quell’esecuzione consumata in strada, davanti a testimoni, con la sua stessa auto, avrebbe portato in breve tempo i carabinieri da lui. E forse anche per questo, sentendosi braccato, cosciente delle conseguenze, ha deciso di puntare la stessa arma usata per il magazziniere verso di lui, dopo aver raggiunto una zona di campagna. Ma la ragione del delitto l’ha portata con sé: sul biglietto che i carabinieri hanno trovato vicino al corpo c’erano solo le sue volontà di essere cremato.(b.c.-a.al.)