Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Bimba contesa e carcere senza colpa Lo Stato risarcisce i suoi genitori
I coniugi Ceccato hanno trascorso 12 giorni di cella con l’accusa di aver rapito la figlia alla famiglia affidataria in Brasile. «Cifra esigua, siamo ricorsi in Cassazione»
ROMANO D’EZZELINO Dodici giorni trascorsi in carcere, gettati senza preavviso in un incubo, «strappati» all’affetto dei propri figli piccoli, incapaci di rispettare i propri impegni di lavoro, con un’azienda da mandare avanti. Dodici giorni che non avrebbero dovuto trascorrere dietro le sbarre, così come ha riconosciuto la Corte d’Appello di Venezia, con lo Stato Italiano pronto a risarcire i danni.
Un’ulteriore vittoria per i coniugi Ceccato di Romano d’Ezzelino (trasferitisi nel frattempo nel Trevigiano) che nel 2015 erano finiti al centro di una complicata vicenda internazionale, accusati dalle autorità brasiliane di aver rapito due anni prima la figlia di dieci anni, che avevano affidato ad alcuni amici. Allora il tribunale brasiliano di Cuibà era arrivato a spiccare un mandato di cattura internazionale per la coppia, contestandole il sequestro e la sottrazione di minore nel paese sudamericano, ma non aveva più fatto avere all’Italia i documenti dell’inchiesta con cui motivare la richiesta di estrazione. E la Corte di Appello di Venezia, che li aveva già fatti tornare liberi nel giugno del 2015, in autunno aveva chiuso il procedimento, sentenziando il non luogo a procedere per Paolo Ceccato, 47 anni, ed Elida Isabel Feliz 41enne dominicana
” Il papà Lo Stato ha finalmente riconosciuto l’errore, anzi l’orrore
di origine, che avevano urlato a più riprese la loro innocenza e che si erano così potuti riunire con la figlia «contesa». E, assistiti dall’avvocato Roberto Rigoni Stern, hanno chiesto i danni per ingiusta detenzione, per i giorni trascorsi in carcere a partire dal 22 maggio 2015 – ma pure per il periodo in cui sono stati sottoposti all’obbligo di firma che ha comportato l’allontanamento dagli altri figli minori e pure dagli impegni di lavoro, con tutte le devastanti conseguenze del caso e le spese da affrontare.
«Lo Stato ha ammesso l’errore, o sarebbe meglio dire l’orrore - racconta Paolo Ceccato, instancabile al lavoro nella sua azienda di Pederobba (Treviso) - c’è stato un riconoscimento economico, ma si tratta di una cifra irrisoria rispetto alle spese sostenute, ai danni subiti, ed è per questo che abbiamo presentato ricorso per Cassazione».
Un ricorso depositato «rilevando un’ingiustizia in relazione alla decisione assunta in modo discrezionale dalla Corte d’Appello – spiega l’avvocato Roberto Rigoni Stern – il danno stimato dai giudici di Venezia, che hanno riconosciuto l’errore, non è confacente con le nostre richieste: perchè non c’è solo il danno materiale legato ai giorni passati in carcere ma anche il danno patrimoniale, d’immagine riflessi che siamo riusciti a dimostrare». E tra questi anche il fatto che Ceccato, titolare d’azienda, non ha più potuto viaggiare fuori dall’Italia per lavoro e ha dovuto delegare suoi collaboratori.
E non è tutto perché «l’orrore», per ripetere le parole dell’imprenditore, ha strascichi ancora oggi per la famiglia. «Nel sistema è rimasta la segnalazione – fa sapere Ceccato - , così ogni volta che soggiorniamo in un albergo o andiamo all’estero siamo sottoposti a controlli, e non è affatto piacevole visto che la fedina penale mia e di mia moglie, che tra l’altro è diventata cittadina italiana da poco, non è mai stata macchiata». Visto che la Corte d’Appello ha ammesso che, prima di applicare il provvedimento arrivato dall’estero, dovevano essere fatte le dovute verifiche. «Purtroppo i tempi per l’aggiornamento del sistema sono lunghi – prosegue l’imprenditore - abbiamo già fatto richiesta al ministero dell’Interno perché venga cancellata la segnalazione». E per il suo legale ci sarebbero «gli estremi per chiedere i danni al ministero, per omesso adeguamento dei registri». Ma questo è un altro capitolo.
Ma sono pochi soldi: non parlo solo delle spese, ma anche dei danni subiti
Ancora oggi risulta quella colpa infamante e viaggiare è diventato complicato