Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I 150 migranti a carico della Chiesa. «Ma parte dei preti sta con Salvini»
«Non abbiamo richieste di ospitalità dei profughi della Diciotti da parte di Diocesi venete», dice la Cei. La nostra Chiesa, tuttavia, è in prima linea sul fronte accoglienza: qui ci sono già 150 migranti interamente a carico della comunità. «Non è facile - afferma però don Callegari della Caritas (foto) - parte del clero è con Salvini».
VENEZIA «Al momento non ci sono Diocesi del Veneto che ci abbiano chiesto espressamente di poter accogliere nelle proprie strutture parte dei profughi sbarcati dalla nave Diciotti. Al momento, almeno...». Così ci riferiva ieri sera l’ufficio comunicazione della Cei, la Conferenza episcopale italiana, che nei giorni scorsi, come si sa, si è accollata l’ospitalità di cento dei 177 migranti sbarcati a Catania dal pattugliatore della Guardia Costiera. Ciò non vuol dire, comunque, che la Chiesa veneta sia disattenta rispetto alla vicenda. Tutt’altro. «Ovviamente da parte nostra c’è sempre la massima apertura — afferma don Marino Callegari di Chioggia, coordinatore delle Caritas del Triveneto —. E qualora da Roma ci arrivasse un’indicazione nel merito, saremmo pronti a metterci a disposizione». Rispetto al tema dell’accoglienza, per altro, Diocesi e parrocchie venete, sono in prima fila fin dall’inizio dell’emergenza sbarchi (e quindi almeno dal 2015). «Ad oggi — prosegue ancora don Callegari — sono circa 1700 i migranti ospitati in strutture in qualche modo legate ad enti religiosi della Chiesa cattolica, ma si pensi che solo fino a pochi mesi fa eravamo sopra quota duemila». La stragrande maggioranza di questi profughi, che pure trova ospitalità in strutture «cattoliche», come istituti, patronati, parrocchie, è tuttavia a carico dello Stato italiano; mentre solo una piccola parte di essi è sostenuto sostanzialmente per intero dalla comunità religiosa (come saranno poi quelli di Catania, che si è impegnata a prendere la Cei). Spiega bene il meccanismo don Luca Facco, direttore della Caritas padovana: «Tutte le Diocesi venete ospitano migranti — afferma —, però diciamo che, soprattutto per quanto riguarda la prima accoglienza, le Diocesi passano innanzitutto per i bandi della Prefettura, o direttamente oppure attraverso l’intermediazione delle cooperative. Significa in sostanza che è lo Stato che mette i soldi, mentre noi, oltre alla base logistica, forniamo tutto quello che non danno le cooperative o il pubblico. E cioè l’amicizia, la condivisione, i corsi, le cure. Che sono poi, a mio avviso, gli elementi più importanti per una vera integrazione. C’è però una piccola parte di migranti — prosegue — che invece sono totalmente a carico della comunità religiosa. Si tratta di alcuni di quelli a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato e che hanno finito il percorso di accoglienza; oppure di quelli che arrivano da noi attraverso i cosiddetti corridoi umanitari». In Veneto, in questo secondo insieme, quello cioè dei profughi sostenuti interamente dalla Chiesa, rientrano ad oggi circa 150 migranti. A Padova sono 43 (in 9 parrocchie); a Treviso 65 (in 12 parrocchie, 3 istituti religiosi e 17 famiglie); a Vicenza 12 (ma dall’inizio dell’emergenza sono in tutto 58), 1 a Rovigo e 2 a Vittorio Veneto. Este, nel Padovano, è una delle parrocchie coinvolte nel progetto. «Attualmente ospitiamo quattro ragazzi, tutti ventenni — ci racconta l’arciprete don Franco Rimano —. Erano usciti dal percorso di accoglienza dello “Sprar”, cioè quello dei
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La cosa più difficile non è l’evento singolo , ma la perseveranza nell’aiuto
Comuni che è rivolto a chi si è visto riconosciuto lo status di rifugiato, ma dopo un anno la cooperativa non era più in grado di tenerli. Così li abbiamo accolti in un nostro appartamento. La comunità si fa carico delle bollette e delle spese. Abbiamo deciso di aiutarli così, fin tanto che non saranno autonomi. Tre di loro comunque hanno iniziato a lavorare in importanti aziende del territorio, mentre uno sta facendo un tirocinio. E tutti partecipano alle attività della parrocchia. È difficile, ma è così che si riesce a mettere in atto una vera integrazione». Non bisogna nascondere, tuttavia, che anche all’interno della Chiesa veneta si nascondo resistenze e malumori rispetto all’accoglienza. Lo confessa senza troppi timori lo stesso coordinatore della Caritas, don Callegari: «A fronte di questo sforzo di integrazione, c’è una parte del clero che non solo è dubbiosa, ma sta apertamente con il ministro Salvini — afferma —. D’altronde la cosa più impegnativa non è l’evento occasionale in sé, ma la costanza e la perseveranza nell’aiuto».