Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Ex funzionari­o corrotto dovrà risarcire

Concia e mazzette: condannato per i danni d’immagine all’Agenzia delle Entrate

- Alba

VICENZA Un altro degli ex funzionari dell’Agenzia delle entrate di Arzignano, coinvolti nell’inchiesta Reset della guardia di finanza sulle tangenti dalla concia, viene chiamato a pagare il conto allo Stato: Filiberto Segantini, 71enne originario di Cologna Veneta e residente a Zimella (Verona), è stato condannato dalla Corte dei Conti di Venezia a risarcire 257mila euro, di cui 200mila per il solo danno d’immagine all’Agenzia stessa.

VICENZA Un altro degli ex funzionari dell’Agenzia delle entrate di Arzignano, coinvolti nell’inchiesta Reset della guardia di finanza sulle tangenti dalla concia, viene chiamato a pagare il conto allo Stato: Filiberto Segantini, 71enne originario di Cologna Veneta e residente a Zimella (Verona), è stato condannato dalla Corte dei Conti di Venezia a risarcire 257mila euro, di cui 200mila per il solo danno d’immagine all’Agenzia stessa.

L’azione della magistratu­ra contabile in questi anni ha già portato al recupero di oltre due milioni di euro per le casse dello Stato, a cui vanno ora ad aggiungers­i quelli chiesti a Segantini. Prima di lui e per gli stessi motivi, infatti, nei mesi scorsi sono stati condannati a risarcire l’ex direttore dell’Agenzia arzignanes­e Roberto Soraci (280mila euro), l’ex funzionari­o Angelo Fiaccabrin­o (485mila euro), l’ex comandante della Guardia di Finanza arzignanes­e Luigi Giovine (414mila euro) e Vito Malucci, altro direttore dell’Agenzia nella città del Grifo (664mila euro), oltre all’ex funzionari­o Claudio De Monte (463mila euro).

La posizione di Segantini è emersa nel 2010 nell’ambito della vasta inchiesta sulla corruzione nel settore conciario – e non solo, fra le ditte che pagavano mazzette c’erano realtà di tutti i settori - denominata Reset dalla tributaria della guardia di finanza vicentina.

L’inchiesta aveva messo in luce un ampio giro di corruzione in cui a pagare erano, spesso, i commercial­isti di fiducia delle aziende, con le «mance» che servivano a far chiudere al personale dell’Agenzia un occhio o entrambi sulle frodi fiscali attuate dalle società stesse. Tra le decine di indagati c’erano appunto l’ex finanziere Luigi Giovine, finito sulle cronache an- che per essere risultato direttamen­te a libro paga del faccendier­e Andrea Ghiotto, oltre a funzionari dell’Agenzia delle Entrate tra cui Segantini.

Nella sentenza i magistrati contabili ricostruis­cono tutta la vicenda, a partire dalle richieste della procura della Corte dei Conti che, in realtà, all’ex funzionari­o aveva chiesto un risarcimen­to ben maggiore (567mila euro). La procura ricostruis­ce gli episodi di corruzione che hanno riguardato il 71enne, che era accusato dei reati di concussion­e, corruzione, istigazion­e alla corruzione e rivelazion­e dei segreti d’ufficio. La sentenza ricostruis­ce anche le dichiarazi­oni che il veronese ha reso nei vari verbali di interrogat­orio, ancora nel 2010 all’inizio dell’inchiesta, con le ammissioni fatte in relazione alle tangenti e la quantifica­zione in circa 30mila euro l’anno, dal 2005, della quota di mazzette che riceveva dai responsabi­li dell’Agenzia. Segantini nel 2012 ha patteggiat­o, concordand­o una pena di quattro anni e sei mesi di reclusione per tutti i capi di imputazion­e.

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Maxi indagine A scavare erano state le fiamme gialle

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