Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
SE IL GIOCO MIGLIORA IL LAVORO
Studenti in crescita del 33 per cento nell’arco di un biennio e altri risultati fin qui raggiunti dalla Scuola Italiana Design del Galileo Visionary District provano che del lavoro sta per cambiare non solo il luogo (da svolgersi nella propria abitazione) e la qualità (nel segno dell’intelligenza), ma anche e soprattutto il suo nome (il nuovo è «gioco»).
Al pari dei cacciatoriraccoglitori del Paleolitico, gli studenti di design si apprestano ad esercitare una professione poliedrica che farà di loro dei cacciatori di idee. A quel tempo la caccia e la raccolta non erano considerate lavoro; venivano svolte con entusiasmo, non a malincuore. Ai giorni nostri, il design traccia il sentiero del lavoro come gioco combinatorio tra composizione di storie le più varie, creazioni artistiche e costruzioni di cose. Lungo quel sentiero s’intravede un orizzonte diverso dalle occupazioni che stressano fisicamente e mentalmente le persone. Fa passi indietro l’Homo laborans che può essere addirittura schiavo (Animal Laborans) dei compiti cui viene assegnato; avanza l’Homo ludens glorificato dal gioco. Il design e i designer ci mostrano quanto lavoro e gioco non siano necessariamente separati, e quanto il gioco migliori la vita lavorativa e affettiva.
La Scuola Italiana Design è un campo di gioco che richiede agli studenti di investire tutti i loro sforzi al pensare creativo anziché al memorizzare.
Ad assegnare priorità a una vera comprensione dei fenomeni rispetto all’ottenimento di punteggi più alti, a concepire modelli comuni integrando la disciplina scelta da ciascuno di loro con tutti gli altri campi di studio. Essa è, dunque, un’opportunità imperdibile che la società veneta è chiamata a sfruttare pienamente per sviluppare le tendenze naturali all’esplorazione e alla giocosità. Attitudini che sono represse dall’insegnamento a obbedire senza riserve all’autorità, a dare risposte senza formulare domande, a svolgere compiti noiosi in modo tempestivo. Ciò che alza muri nella mente degli allievi. Ad abbatterli è il gioco che valorizza l’immaginazione.
Esplorare il territorio del design è un’avventura. Non c’è una mappa di cui avvalersi, non c’è una direzione predeterminata verso cui andare. Chi vi s’inoltra inventa un percorso personale apprezzando la transdisciplinarietà e la bellezza dell’imperfezione, come auspicava il performance artist tedesco Joseph Beuys. Lungo il tragitto, l’esploratore si porrà domande cui darà risposte con l’immaginazione.
Partendo dalla sperimentazione nell’arte della miniatura, il falegname Ole Kirk Kristiansen getta le fondamenta del Lego Group, l’impresa danese produttrice di giocattoli (i «mattoncini» di plastica), trasformando una produzione artistica in un grande successo di produzione industriale.
La Vespa progettata dall’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio nasce dal gioco di trasposizione e trasformazione di materiali esistenti per dar vita a oggetti che rispondono sia a esigenze pratiche ed economiche sia a visioni simboliche ed allegoriche. Ed è sempre al gioco che dobbiamo la Olivetti Lettera 22, una macchina da scrivere meccanica portatile progettata da Marcello Nizzoli e premiata dall’Istituto di Tecnologia dell’Illinois come il miglior prodotto di design degli ultimi 100 anni.
Nelle sue «Lettere sull’educazione estetica dell’uomo» Friedrich Schiller scrisse «L’uomo è pienamente umano solo quando gioca». Un’affermazione da tenere bene in mente allorché s’intrecciano gli innumerevoli fili di connessione tra i linguaggi artistico e scientifico del design.