Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
C’È UN NAUFRAGO VICINO A TE
Oggi sono i campioni della “Look down generation”, la generazione che guarda in basso. Gli adolescenti passano la vita davanti al cellulare - quattro ore e 48 minuti al giorno scrive la ricercatrice americana Marita Moll - e quando alzano lo sguardo dallo schermo fanno più fatica dei loro genitori. Qualche volta giocano a escludere, bulli dentro o per finta non importa, comunque indifferenti a chi resta indietro. Sono quelli delle prime droghe, del selfie sul grattacielo, dei motorini a fari spenti nella notte. Sono ansiosi di superare e di superarsi ma non reggono l’ansia da competizione e quando non si fanno tentare dalla violenza finiscono sull’isola delle solitudini, naufraghi del mondo.
Quante volte parliamo così dei nostri giovani? Poi, all’improvviso, una mattina compare una scritta sul muro. Le parole disperate di uno sconosciuto che dall’isola, in un’inglese corretto, lancia il suo messaggio in bottiglia. Un messaggio venato di rassegnazione che contiene un ultimo, disperato tentativo di trovare un senso all’esistenza: «There’s nowhere for me to be, non c’è un posto al mondo per me». E quella generazione che guarda in basso alza per caso lo sguardo. Un ragazzo esce dal gruppo e appende un cartello: «Non mollare». E poi dal gruppo ne esce un secondo: «Noi ci siamo». E poi un terzo, un quarto, un quinto: «Ti vogliamo bene». Ora c’è una foresta di umani intorno al naufrago, se è ancora ai piedi di quel muro lo salveranno.
Sì, per fortuna i nostri ragazzi sono anche questi. Capaci di far correre per contagio messaggi d’amore straordinari senza usare i telefonini e i social.
Onore al primo di loro, chi sarà mai, che nell’ultimo banco di una classe del liceo, ascoltando la circolare del preside che invitava a riflettere su quella scritta, ha avuto l’idea. Ha preso carta e penna e diffuso il virus dell’amore.
Onore a chi lo ha seguito e ha camminato con lui per raggiungere quel muro.
I cartelli che oggi circondano la scritta sono la nostra speranza e la storia del liceo di Bassano merita un’eco diversa, merita di oltrepassare la cronaca e le migliaia di storie di devianza che la riempiono. Oggi c’è più bisogno di buoni esempi che di moniti, stiamo già tutti in guardia di fronte alla rabbia e al dolore.
Alzi la mano chi ha bisogno di nuovi timori. Ne siamo così pieni che vorremmo condividerne un ultimo senza rovinare una storia esemplare. Solo uno sconosciuto merita una risposta così forte? Non è che questi gesti nascondano (solo?) la paura di trovarsi un giorno nei suoi panni? E se invece di uno sconosciuto ci fosse un uomo in carne e ossa, un essere altro da noi, con i suoi limiti e le sue incomprensibili pene? Non merita anche lui il nostro cartello?
Magari l’autore della scritta è un giovane e timido figlio della nostra borghesia, che scrive in inglese per non farsi riconoscere. Magari il naufrago del mondo è invece uno straniero, con alle spalle una saga famigliare degna di «Cent’anni di solitudine». Probabilmente in questo momento un naufrago è seduto anche di fianco a te e non lo sai.