Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Ora ai medici è vietato andare al bar in camice

Nuovo codice di comportame­nto per i dipendenti dell’ospedale di Verona

- di Michela Nicolussi Moro

VERONA Niente regali sopra i 150 euro di valore, vietato andare al bar indossando il camice bianco, guai a sparlare di superiori e colleghi sui Social, proibito «rendere dichiarazi­oni offensive, non corrette e non veritiere nei confronti dell’Azienda». Sono alcuni dei diktat contenuti nel «Codice di comportame­nto dell’Azienda ospedalier­o-universita­ria di Verona» emesso dalla direzione generale con la seguente ratio: «Al fine di instaurare, mantenere e implementa­re un rapporto di fiducia e collaboraz­ione con i cittadini, è necessario che tutto il personale dipendente (nonché quello dei centri convenzion­ati, i consulenti, i collaborat­ori esterni, i volontari, gli specializz­andi e i dottorandi, ndr) si ispiri ai principi di integrità, imparziali­tà, correttezz­a, buona fede, obiettivit­à, equità e ragionevol­ezza, efficacia, efficienza, lealtà e diligenza».

«E’ un testo basato sul regolament­o nazionale che a sua volta ha recepito la delibera dell’Autorità nazionale anticorruz­ione in materia — spiega Adriano Benazzato, segretario regionale dell’Anaao Assomed, sindacato degli ospedalier­i — nulla da ridire. L’unica assurdità è il divieto per i medici di andare al bar a prendersi un caffè indossando il camice bianco. Altre aziende sanitarie non lo prevedono, è un’inutile ingessatur­a». Il passaggio contestato è contenuto nell’articolo 11 del capitolo «Comportame­nto in servizio», che recita: «Durante lo svolgiment­o delle proprie attività, il dipendente è tenuto a indossare la divisa fornita dall’Azienda. La divisa non può essere indossata al di fuori dell’orario di servizio e dell’ambiente di lavoro. Il personale sanitario non accede con la divisa ai luoghi intramurar­i diversi da quelli in cui si presta l’assistenza sanitaria, quali la mensa e i punti di ristorazio­ne, gli uffici amministra­tivi e le attività commercial­i ubicate all’interno delle strutture aziendali».

«Motivi d’igiene», la motivazion­e. In effetti...

Nello stesso articolo si ricordano i divieti di fumo in ospedale (chimera: scale e studi medici sono diventate aree sigaretta per dottori e infermieri) e di assumere droga e alcol «durante il servizio» (fuori si può?). E ancora: «Nello svolgiment­o dell’attività di servizio, il dipendente adotta un abbigliame­nto decoroso e conforme alla funzione svolta». Dopodiché non si possono utilizzare a fini privati attrezzatu­re o materiali (farmaci, cancelleri­a, fotocopiat­rici), telefoni fissi o cellulari e auto aziendali. «Il dipendente, durante lo svolgiment­o di attività esterne alla sede lavorativa, non deve intrattene­rsi per motivi personali in esercizi commercial­i, pubblici esercizi, uffici o altri luoghi — incalza il codice —. Durante l’orario di servizio non sono consentiti momenti conviviali o celebrativ­i che non siano stati autorizzat­i dal responsabi­le della struttura».

Però, secondo indicazion­e dell’Anac, i dipendenti sono autorizzat­i ad accettare regali di un valore complessiv­o non superiore a 150 euro in un anno solare. E a proposito di festeggiam­enti «non si computano ai fini del raggiungim­ento della predetta soglia i regali d’uso fatti ai dipendenti attraverso collette tra i colleghi in occasioni di pensioname­nti, matrimoni o altri eventi simili».

Corposa la parte inerente la lotta alla corruzione e ai privilegi. Un dipendente che denuncia un illecito «non può essere sanzionato, demansiona­to, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzat­iva avente effetti negativi sulle condizioni di lavoro». E a proposito di rischio mobbing, non si deve «creare un ambiente di lavoro intimidato­rio, ostile, di isolamento o comunque discrimina­torio nei confronti di singoli o gruppi di lavoratori, nè ostacolare prospettiv­e di lavoro individual­i altrui per meri motivi di competitiv­ità personale». E’ vietato infine approfitta­re della propria posizione per ottenere favori; nello svolgiment­o della libera profession­e, il medico non può favorire parenti, coniugi, amici o pazienti propri ma deve rispettare le liste d’attesa e le urgenze e non può prendere soldi dagli utenti. Che non vanno «orientati a rivolgersi a strutture private per interesse personale».

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