Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Melegatti, definitiva la vendita Gli Spezzapria nuovi proprietari
Il rilancio affidato ad uno dei rami della famiglia vicentina della Forgital
VERONA L’ufficialità arriva poco dopo le 12, ieri, nello studio del curatore fallimentare, l’avvocato Bruno Piazzola: per 13,5 milioni di euro la Melegatti è «vicentina». Lo storico gruppo dolciario, quello fondato dall’inventore del pandoro, Domenico Melegatti, a cui si aggiunge la Nuova Marelli, azienda un tempo comasca acquistata dall’azienda di San Giovanni Lupatoto nel 2012, ha un nuovo proprietario. Il che significa anche, se le promesse, rinnovate ieri dagli acquirenti, saranno rispettate, che nei supermercati da qui a qualche mese arriveranno i primi prodotti in tempo per il periodo natalizio, quello, neanche a dirlo più importante.
L’azienda è stata aggiudicata all’unico offerente, «spuntato» a sorpresa nelle ultime settimane. A concludere la pratica Denis Moro, 33 anni, di Breganze, lo stesso manager che l’anno scorso rilevò Fonte Margherita, l’acqua minerale (in passato Norda) di Torrebelvicino. Ma chi ha messo i soldi? La pista «altovicentina» conduce a Velo d’Astico, dove ha sede la Forgital di proprietà della famiglia Spezzapria. Forgital è un’azienda che opera nel settore aerospaziale, producendo componenti fondamentali per assicurare i motori alle ali dei jet. Un’azienda che – mettono ben in chiaro gli acquirenti – nulla c’entra con l’operazione Melegatti. Due filoni ben diversi, che hanno in comune un nome: quello di Roberto Spezzapria, tra gli intestatari della newco Sominor Srl, sigla temporanea registrata per portare a termine l’acquisto.
C’entrano, invece, più direttamente, altre due aziende dalla galassia personale di Roberto Spezzapria, la Eriplast di Bassano del Grappa e la Fucine Film di Ossana (Trento) che operano negli imballaggi alimentare. L’acquisto di Melegatti si prefigura quindi come un’operazione di integrazione verticale della filiera. Secondo le prime indiscrezioni, saranno i figli di Roberto, Giacomo e Giuditta Spezzapria, a ricoprire dei ruoli chiave in azienda. Il primo è già presidente della newco, la seconda, che ha una formazione in pasticciera (con il titolo di «Pastry Chef» ) in Spagna, sarà la «mente» delle nuove proposte aziendali. Avrà ruoli di vertice anche Moro, che ieri ha rotto così il ghiaccio: «Da oggi lavoreremo per realizzare la squadra necessaria a rilanciare uno dei brand più importanti dell’alimentare italiano. Finalmente recuperiamo uno dei marchi che ha reso grande la nostra terra e che ha contribuito alla convivialità delle famiglie italiane per 120 anni». Il nuove presidente abbozza la strategia per la futura Melegatti: «Vogliamo riportare il prima possibile sia in Italia che all’estero il famoso pandoro, il panettone e i vari prodotti dolciari – afferma Giacomo Spezzapria – con un piano di sviluppo faremo crescere l’azienda caratterizzandola per la ricerca delle migliori soluzioni innovative».
Gli impegni ci sono. E i sindacati ora chiedono un tavolo di confronto: «Sarà imminente» la risposta che arriva dai nuovi titolari. La speranza dei sindacati è di riuscire a recuperare gran parte dei 45 lavoratori che hanno ricevuto, lo scorso inverno, le lettere di licenziamento. Tra le voci di corridoio, quella che preoccupa di più riguarda la possibilità che si imbastisca una lunga trattativa sulle retribuzioni, con richieste al ribasso. Ma resta un’ipotesi. Non vengono azzardate date, invece, per il riavvio degli stabilimenti. Ma se l’intenzione è di tornare a produrre per Natale, il tempo a disposizione si conta in (pochissime) settimane. Allora potrà dirsi iniziato a tutti gli effetti il nuovo corso.
Si concluderà così una vicenda esplosa nell’estate nel 2017, dopo una serie di scelte (dagli investimenti alle campagne di comunicazione) sbagliate. A rivelarsi fatale, il modo con cui Melegatti ha deciso di diversificare la produzione, per lavorare tutto l’anno, puntando, come altri concorrenti, sulle merendine. Operazione passata anche attraverso l’acquisto della Marelli Dolciaria e con l’inaugurazione di un nuovo stabilimento a San Martino Buon Albergo, finanziata con la cassa. Da qui il crac, la lunga odissea, con i vari tentativi di salvataggio (tra cui un fondo maltese), tutti andati a vuoto.
” Denis Moro Recuperiamo un marchio storico: rivivrà con elementi innovativi Al lavoro sulla squadra