Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
In coda in attesa del reddito di cittadinanza
«Così andrò in pizzeria». Gli impiegati: rischio paralisi
VICENZA Al Centro per l’impiego, disoccupati in fila in attesa che diventi operativo il Reddito di cittadinanza. I funzionari sono preoccupati: «Si rischia un sovraccarico di lavoro, e la paralisi». E anche gli utenti si interrogano sulle modalità con cui utilizzare i 780 euro mensili.
«Una tessera?».
Così pare: la Carta di cittadinanza. Servirà ad acquistare beni di prima necessità. «La potrò usare per andare in pizzeria?». Ancora non è chiaro.
«Spero di sì. Non sa da quanto non mangio una pizza come si deve...».
Al Centro per l’impiego di Vicenza, Sara F. è in fila da un’ora e, vista la ressa di disoccupati che la circonda, ne avrà ancora per molto. «Vorrei fare la parrucchiera ma a questo punto un lavoro vale l’altro», spiega giocherellando con la cartellina dentro la quale ha infilato tutte le sue speranze di un futuro migliore. Mentre aspetta, può fantasticare su come le cambierà la vita quando entrerà in vigore il reddito di cittadinanza, quei
780 euro al mese per chi non ha entrate e si impegna a cercare un’occupazione. Come lei.
Il progetto del governo prevede una serie di «paletti» relativi a ciò che si potrà acquistare e cosa no. Ma se è presto per conoscerne i dettagli, di certo c’è che il fulcro dell’operazione ruoterà intorno ai Centri per l’impiego, che in Veneto possono contare su poco più di 400 funzionari, con la prospettiva di un centinaio di assunzioni da qui al
2020. Saranno loro a prendere in carico (con interventi mirati di formazione e reinserimento professionale) i destinatari della nuova misura.
L’aria che si respira nei Cpi è carica di pessimismo. «Siamo tutti molto preoccupati», ammette una funzionaria dell’ufficio vicentino. «Fino a quando il governo non chiarirà, possiamo solo ragionare sui numeri. E la verità è che già adesso, che riceviamo fino a 120 utenti al giorno, il personale fa fatica a causa dell’organico ridotto all’osso. Se dovessero caricarci di nuove competenze senza fare delle assunzioni, si rischierebbe la paralisi».
Un altro impiegato: «Il reddito di cittadinanza rischia di essere soltanto una forma di assistenzialismo. Ci sarà chi troverà il modo di percepirlo lavorando in nero o senza impegnarsi realmente nella ricerca di un posto». I problemi, spiegano, arriveranno con «i disoccupati “dormienti”, quelli cioè che finora non si sono mai presentati qui e che invece, con la prospettiva di intascarsi 780 euro, accorreranno in massa. Noi le politiche attive le facciamo tutti i giorni, ma occorre prendere atto di una cosa: anche se si moltiplica il numero di chi cerca attivamente un lavoro, i posti messi a disposizione dalle aziende restano quelli che sono...».
Stando alle proiezioni, circa 600mila i veneti - disoccupati, precari o sottopagati - potranno aspirare all’agognata Carta di cittadinanza. Una misura che lascia perplessa l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan: «Ha una natura assistenzialista che molto somiglia al “reddito di inclusione” di Renzi. Ma ogni euro speso per finalità differenti dall’attivazione lavorativa rischia di diventare un euro speso male». Il Veneto finora ha puntato sull’Assegno per il Lavoro: un bonus (fino a 5.242 euro) che va speso presso i servizi per l’impiego accreditati, in cambio di prestazioni personalizzate di assistenza alla ricollocazione, dall’orientamento al rafforzamento delle competenze, fino al supporto nell’inserimento lavorativo. Possono essere richiesti ai Cpi da chi, con più di 30 anni di età, non ha un’occupazione o l’ha persa di recente. «Sono 9.200 quelli rilasciati finora. E circa la metà dei disoccupati assicurano dall’assessorato ha già trovato lavoro».
Intanto negli uffici del Centro per l’impiego di Vicenza, si fanno i conti con le difficoltà ad arrivare alla fine del mese. In coda c’è Diego Bertin, 50 anni, che fino al 2008 lavorava in fonderia. «Poi l’impresa ha chiuso e da allora non ho trovato nessuno disposto ad assumere a tempo indeterminato un operaio della mia età». Si è adattato a fare di tutto: metalmeccanico, falegname, tagliatore di pietre... E tra una parentesi e l’altra ha vissuto di sussidi. «Il reddito di cittadinanza può aiutare, ma mi chiedo a cosa serve costringermi a frequentare dei corsi di formazione se poi agli imprenditori, almeno per alcuni tipi di lavoro, non interessa affatto avere della manovalanza specializzata». Marco B. rincara la dose: «Ben vengano quei 780 euro al mese, ma lo Stato non può impormi come spenderli...». E Dennis Cecconello si dice «inc. nero contro questo sistema dei Centri che non funziona, soprattutto se lo si paragona a quello delle agenzie private che sono molto più efficienti». Era il manager di una multinazionale. Poi ha perso il lavoro «e da allora mi sono adattato a fare l’operaio. Ma sono due anni che vengo qui, ed è stato inutile...». Su una cosa Cecconello è d’accordo con tutti gli altri disoccupati in fila al Centro: «Il reddito di cittadinanza sarà pure un aiutino, ma ne farei volentieri a meno: io voglio guadagnarmi da vivere onestamente. Chiedo solo di lavorare!».
Donazzan È assistenzialismo, somiglia al reddito di inclusione di Renzi