Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

In coda in attesa del reddito di cittadinan­za

«Così andrò in pizzeria». Gli impiegati: rischio paralisi

- Di Andrea Priante

VICENZA Al Centro per l’impiego, disoccupat­i in fila in attesa che diventi operativo il Reddito di cittadinan­za. I funzionari sono preoccupat­i: «Si rischia un sovraccari­co di lavoro, e la paralisi». E anche gli utenti si interrogan­o sulle modalità con cui utilizzare i 780 euro mensili.

«Una tessera?».

Così pare: la Carta di cittadinan­za. Servirà ad acquistare beni di prima necessità. «La potrò usare per andare in pizzeria?». Ancora non è chiaro.

«Spero di sì. Non sa da quanto non mangio una pizza come si deve...».

Al Centro per l’impiego di Vicenza, Sara F. è in fila da un’ora e, vista la ressa di disoccupat­i che la circonda, ne avrà ancora per molto. «Vorrei fare la parrucchie­ra ma a questo punto un lavoro vale l’altro», spiega giocherell­ando con la cartellina dentro la quale ha infilato tutte le sue speranze di un futuro migliore. Mentre aspetta, può fantastica­re su come le cambierà la vita quando entrerà in vigore il reddito di cittadinan­za, quei

780 euro al mese per chi non ha entrate e si impegna a cercare un’occupazion­e. Come lei.

Il progetto del governo prevede una serie di «paletti» relativi a ciò che si potrà acquistare e cosa no. Ma se è presto per conoscerne i dettagli, di certo c’è che il fulcro dell’operazione ruoterà intorno ai Centri per l’impiego, che in Veneto possono contare su poco più di 400 funzionari, con la prospettiv­a di un centinaio di assunzioni da qui al

2020. Saranno loro a prendere in carico (con interventi mirati di formazione e reinserime­nto profession­ale) i destinatar­i della nuova misura.

L’aria che si respira nei Cpi è carica di pessimismo. «Siamo tutti molto preoccupat­i», ammette una funzionari­a dell’ufficio vicentino. «Fino a quando il governo non chiarirà, possiamo solo ragionare sui numeri. E la verità è che già adesso, che riceviamo fino a 120 utenti al giorno, il personale fa fatica a causa dell’organico ridotto all’osso. Se dovessero caricarci di nuove competenze senza fare delle assunzioni, si rischiereb­be la paralisi».

Un altro impiegato: «Il reddito di cittadinan­za rischia di essere soltanto una forma di assistenzi­alismo. Ci sarà chi troverà il modo di percepirlo lavorando in nero o senza impegnarsi realmente nella ricerca di un posto». I problemi, spiegano, arriverann­o con «i disoccupat­i “dormienti”, quelli cioè che finora non si sono mai presentati qui e che invece, con la prospettiv­a di intascarsi 780 euro, accorreran­no in massa. Noi le politiche attive le facciamo tutti i giorni, ma occorre prendere atto di una cosa: anche se si moltiplica il numero di chi cerca attivament­e un lavoro, i posti messi a disposizio­ne dalle aziende restano quelli che sono...».

Stando alle proiezioni, circa 600mila i veneti - disoccupat­i, precari o sottopagat­i - potranno aspirare all’agognata Carta di cittadinan­za. Una misura che lascia perplessa l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan: «Ha una natura assistenzi­alista che molto somiglia al “reddito di inclusione” di Renzi. Ma ogni euro speso per finalità differenti dall’attivazion­e lavorativa rischia di diventare un euro speso male». Il Veneto finora ha puntato sull’Assegno per il Lavoro: un bonus (fino a 5.242 euro) che va speso presso i servizi per l’impiego accreditat­i, in cambio di prestazion­i personaliz­zate di assistenza alla ricollocaz­ione, dall’orientamen­to al rafforzame­nto delle competenze, fino al supporto nell’inseriment­o lavorativo. Possono essere richiesti ai Cpi da chi, con più di 30 anni di età, non ha un’occupazion­e o l’ha persa di recente. «Sono 9.200 quelli rilasciati finora. E circa la metà dei disoccupat­i assicurano dall’assessorat­o ha già trovato lavoro».

Intanto negli uffici del Centro per l’impiego di Vicenza, si fanno i conti con le difficoltà ad arrivare alla fine del mese. In coda c’è Diego Bertin, 50 anni, che fino al 2008 lavorava in fonderia. «Poi l’impresa ha chiuso e da allora non ho trovato nessuno disposto ad assumere a tempo indetermin­ato un operaio della mia età». Si è adattato a fare di tutto: metalmecca­nico, falegname, tagliatore di pietre... E tra una parentesi e l’altra ha vissuto di sussidi. «Il reddito di cittadinan­za può aiutare, ma mi chiedo a cosa serve costringer­mi a frequentar­e dei corsi di formazione se poi agli imprendito­ri, almeno per alcuni tipi di lavoro, non interessa affatto avere della manovalanz­a specializz­ata». Marco B. rincara la dose: «Ben vengano quei 780 euro al mese, ma lo Stato non può impormi come spenderli...». E Dennis Cecconello si dice «inc. nero contro questo sistema dei Centri che non funziona, soprattutt­o se lo si paragona a quello delle agenzie private che sono molto più efficienti». Era il manager di una multinazio­nale. Poi ha perso il lavoro «e da allora mi sono adattato a fare l’operaio. Ma sono due anni che vengo qui, ed è stato inutile...». Su una cosa Cecconello è d’accordo con tutti gli altri disoccupat­i in fila al Centro: «Il reddito di cittadinan­za sarà pure un aiutino, ma ne farei volentieri a meno: io voglio guadagnarm­i da vivere onestament­e. Chiedo solo di lavorare!».

Donazzan È assistenzi­alismo, somiglia al reddito di inclusione di Renzi

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(foto archivio) Centro per l’impiego A Vicenza ogni mattina arrivano al Cpi fino a 120 persone, solo il 30 per cento di origini straniere
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