Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Pasta Zara, c’è l’interesse della Barilla
A Trieste sì del sindacato all’offerta industriale. Il colosso emiliano: «No comment»
TREVISO Pasta Zara, sarebbe in arrivo un’offerta. Mentre a Riese Pio X tutto tace, alcuni uomini della Barilla si sono recati più volte nello stabilimento di Muggia (Trieste). E ci sarebbe già l’ok dei sindacati
TREVISO Pasta Zara, se a Riese Pio X e a Rovato c’è ancora nebbia a Trieste l’aria è molto più tersa. Perché gli uomini della Barilla, arrivati a Muggia a più riprese e per più giorni, non hanno fatto nulla per nascondersi. Anzi. Il quadro sarebbe chiaro, secondo quanto riferito al sindacato dagli stessi dipendenti dello stabilimento, gioiello tecnologico voluto dalla famiglia Bragagnolo nel 2002 in Alto Adriatico: «I rappresentanti dell’azienda di Parma sottolinea Massimo Marega, fino a pochi giorni fa segretario generale della categoria degli alimentaristi della Cgil, la Flai nei mesi scorsi hanno voluto conoscere le maestranze; e, ritornando all’inizio di settembre, si sono trattenuti per cinque giorni, durante i quali hanno passato in rassegna, l’impianto giuliano».
Che questo poi si trasformi in una concreta operazione di investimento nel gruppo trevigiano è tutto da vedere. Anche perché ci sono anche altre tre offerte sul tavolo. E Barilla, interpellata ieri dal Corriere del Veneto per sapere se fosse stata lei ad avanzare l’offerta industriale illustrata, senza far nomi, giovedì ai creditori a Milano, ha risposto con un «no comment».
Sul tavolo di Pasta Zara, in corsa contro il tempo per chiudere entro il 7 dicembre il concordato preventivo accordato dal Tribunale di Treviso, ci sono anche tre offerte riferibili ad investitori finanziari. Si tratta del tandem PillarstoneFinint, della banca americana Jp Morgan attraverso la milanese One33, e del fondo inglese Cheyne Capital. Tutti, secondo i rumors, offrirebbero una trentina di milioni di nuova finanza e la garanzia di rimborsare i creditori chirografari ( Pasta Zara è esposta per 240 milioni, 170 verso le sole banche, a cui si devono aggiungere i 50 milioni di esposizione della holding Ffauf con Bank of China) in cinque anni per quote comprese fra il 40% e il 44%.
«Noi della Flai Cgil di Trieste – sottolinea Marega – speriamo fortemente che la scelta ricada su un investitore industriale. Se poi si chiamasse Barilla, pur ragionando al buio, meglio non potrebbe essere». Le riflessioni del mondo economico e lavorativo che ruota attorno a Muggia, del resto, sono lineari. L’impianto è fra i più grandi al mondo ed è risultato sin qui sovradimensionato. L’eccesso di progettazione ha portato, ad esempio, a realizzare un magazzino autoportante da 65 mila posti pallet che non ne ha mai gestiti più di 21 mila in contemporanea. A poca distanza, nell’area portuale, c’è un mulino che, per chi produca pasta, è una risorsa straordinaria. E se vi si aggiungono la posizione logistica e la tassazione incoraggiante che la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia può applicare, l’interesse diventa lampante. «Trieste è poi provincia con qualche affanno occupazionale in più rispetto al Veneto – fa ancora presente Marega – e dovrebbe essere ragionevole attendersi, da chiunque abbia l’intenzione di sfruttare l’impianto un po’ più rispetto al 30%-40% di oggi, un rinforzo della attuale forza lavoro, 150 unità quasi tutta in funzioni produttive».
Pasta Zara, però, non è solo Muggia. E rimane da mettere a fuoco come l’eventuale cessione di Trieste si raccordi con il salvataggio dell’intero gruppo. Gli indizi di quanto filtrato da Milano portano a pensare alla soluzione di un concordato misto, tra la vendita di Muggia,da cui potrebbero arrivare quasi 120 milioni per ripagare subito un terzo del debito, e la continuità operativa di Pasta Zara intorno agli stabilimenti di Riese Pio X e Rovato, che potrebbero negli anni successivi garantire un’ulteriore quota ai creditori. Lasciando la famiglia Bragagnolo al suo posto, a differenza dell’estromissione posta dalle offerte finanziarie.