Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LA SCALA INVERTITA DEI VALORI
Avere il coraggio di ritrovare i grandi valori di cui è piena la nostra storia. Ritrovare la grande responsabilità sociale e culturale. Abbandonare i piccoli orizzonti. Sognare anche qualche utopia. Riconoscere il valore della diversità di cui si è nutrita per la Repubblica Serenissima. Riordinare il sistema dei valori. Se ne parla spesso. Di questi temi si nutrono le nostre conservazioni. È un po’ la sfida dei tempi tristi del nostro presente, di fronte a tanti mal di pancia, all’indifferenza, alla rabbia.
Un recente sondaggio ha messo in luce le tante metamorfosi a Nordest. E individuato una nuova gerarchia di valori. Con qualche novità. Per i giovani dai 18 ai 34 anni la religione, con 17.9 di risposte di adesione su cento, si piazza all’ultimo posto della domanda: «quanto conta nella tua vita»?. Il sondaggio curato dal sociologo Daniele Marini, per Community Media Research, vede l’afflato religioso ben distanziato dal desiderio di «fare sport»(39.1%), dall’impegno sociale (53%) dall’interesse per gli
«Amici»(64,4%), dal «lavoro» (79%), dal «curare la salute» (82.1), dall’attaccamento alla «famiglia» (82,8), dal «farsi una cultura», che sta al 90,7%, per, infine, arrivare al top, dell’attenzione al «tempo libero» che fa toccare il
94.1%.
Se si valutano non più solo i giovani e si guarda il totale della popolazione nel podio si inverte qualche posizione.
Al primo posto passa il «Fare cultura», seguito da «Famiglia» e «Curare la salute». Il tempo libero scende al quarto posto seguito da lavoro e amicizie. È solo un sondaggio, si dirà. Quasi a sottolineare che i giovani… hanno scelto la libertà, non affrontano il tema di qualche valore o principio altrimenti definito «non negoziabile». Forse siamo ancora in cerca di bussole, di riferimenti basilari. Ma la scommessa della libertà non va trascurata. Alcuni osservatori parlano di afasia valoriale, di incapacità di proporre convincenti stili di vita. Il diffondersi di parole chiave non rassicuranti, il rilancio di «confini», il periodico richiamo al «prima di noi», l’aggancio di vecchie e nuove «paure» , un dilagante edonismo proposto dai media, l’attesa esigente di un confermato benessere economico hanno modificato l’orizzonte dei valori e inducono a riflettere sul nostro futuro possibile. Gli elementi di discontinuità col passato sono evidenti. E se preoccupa il divenire, per alimentarlo di speranza, non c’è che da scommettere sulla libertà, su quella libertà che porta a salire, bene attrezzati, con coraggio e determinazione, sul crinale della montagna per poter osservare di lassù gli orizzonti più ampi. Le decisioni degli indecisi non sempre portano lontano.
D’accordo. I processi di cambiamento si impongono e non ci chiedono il permesso di accadere. Ma qualche strategia (basta «un poco di zucchero, e la piccola va giù, e tutto brillerà di più», cantava Mary Poppins, per convincere i suoi bimbi più terribili) si può pure adottare in tempo di crisi (scomparsa, dissoluzione) delle ideologie. Il futuro sarà ancora nelle nostre mani, o no? Senza pretendere di dare consigli, da semplici osservatori della nostra veneticità, di fronte a questi stati d’essere, alle nuove scale di valori, suggerire una diversa didattica non solo per la storia, o per l’educazione civica, e forse pure per quella morale, è un invito rivolto a tutte le agenzie formative. Un cambio di passo può tornare utile.