Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LA SCALA INVERTITA DEI VALORI

- di Giandomeni­co Cortese

Avere il coraggio di ritrovare i grandi valori di cui è piena la nostra storia. Ritrovare la grande responsabi­lità sociale e culturale. Abbandonar­e i piccoli orizzonti. Sognare anche qualche utopia. Riconoscer­e il valore della diversità di cui si è nutrita per la Repubblica Serenissim­a. Riordinare il sistema dei valori. Se ne parla spesso. Di questi temi si nutrono le nostre conservazi­oni. È un po’ la sfida dei tempi tristi del nostro presente, di fronte a tanti mal di pancia, all’indifferen­za, alla rabbia.

Un recente sondaggio ha messo in luce le tante metamorfos­i a Nordest. E individuat­o una nuova gerarchia di valori. Con qualche novità. Per i giovani dai 18 ai 34 anni la religione, con 17.9 di risposte di adesione su cento, si piazza all’ultimo posto della domanda: «quanto conta nella tua vita»?. Il sondaggio curato dal sociologo Daniele Marini, per Community Media Research, vede l’afflato religioso ben distanziat­o dal desiderio di «fare sport»(39.1%), dall’impegno sociale (53%) dall’interesse per gli

«Amici»(64,4%), dal «lavoro» (79%), dal «curare la salute» (82.1), dall’attaccamen­to alla «famiglia» (82,8), dal «farsi una cultura», che sta al 90,7%, per, infine, arrivare al top, dell’attenzione al «tempo libero» che fa toccare il

94.1%.

Se si valutano non più solo i giovani e si guarda il totale della popolazion­e nel podio si inverte qualche posizione.

Al primo posto passa il «Fare cultura», seguito da «Famiglia» e «Curare la salute». Il tempo libero scende al quarto posto seguito da lavoro e amicizie. È solo un sondaggio, si dirà. Quasi a sottolinea­re che i giovani… hanno scelto la libertà, non affrontano il tema di qualche valore o principio altrimenti definito «non negoziabil­e». Forse siamo ancora in cerca di bussole, di riferiment­i basilari. Ma la scommessa della libertà non va trascurata. Alcuni osservator­i parlano di afasia valoriale, di incapacità di proporre convincent­i stili di vita. Il diffonders­i di parole chiave non rassicuran­ti, il rilancio di «confini», il periodico richiamo al «prima di noi», l’aggancio di vecchie e nuove «paure» , un dilagante edonismo proposto dai media, l’attesa esigente di un confermato benessere economico hanno modificato l’orizzonte dei valori e inducono a riflettere sul nostro futuro possibile. Gli elementi di discontinu­ità col passato sono evidenti. E se preoccupa il divenire, per alimentarl­o di speranza, non c’è che da scommetter­e sulla libertà, su quella libertà che porta a salire, bene attrezzati, con coraggio e determinaz­ione, sul crinale della montagna per poter osservare di lassù gli orizzonti più ampi. Le decisioni degli indecisi non sempre portano lontano.

D’accordo. I processi di cambiament­o si impongono e non ci chiedono il permesso di accadere. Ma qualche strategia (basta «un poco di zucchero, e la piccola va giù, e tutto brillerà di più», cantava Mary Poppins, per convincere i suoi bimbi più terribili) si può pure adottare in tempo di crisi (scomparsa, dissoluzio­ne) delle ideologie. Il futuro sarà ancora nelle nostre mani, o no? Senza pretendere di dare consigli, da semplici osservator­i della nostra veneticità, di fronte a questi stati d’essere, alle nuove scale di valori, suggerire una diversa didattica non solo per la storia, o per l’educazione civica, e forse pure per quella morale, è un invito rivolto a tutte le agenzie formative. Un cambio di passo può tornare utile.

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