Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I MALGARI E L’ONDA NO MOSE

- Di Antonio Alberto Semi

L’ultima alluvione, che ha visto Venezia inondata e i suoi monumenti e i suoi commerci posti a rischio, ha inevitabil­mente fatto pensare che, se il Mose ci fosse stato e avesse funzionato, il grave danno subito dalla città sarebbe stato evitato. Lo hanno affermato il Procurator­e di San Marco Carlo Alberto Tesserin, lo stesso Patriarca e anche il responsabi­le dell’exMagistra­to delle Acque, Linetti. Prontament­e, qualcun altro ha invitato a non farsi prendere dal senso dell’emergenza e a procedere con calma e a ragion veduta: in fondo dall’«Aqua granda» del 1966 sono passati solo 52 anni. C’è tempo dunque per studiare un nuovo progetto. È che il Mose si presta - a partire dal suo infelice nome - a numerose fantasie. La realtà però, lo sanno tutti, è quello di un complessis­simo progetto che riguarda non solo la possibilit­à di chiudere transitori­amente le bocche di porto ma anche la necessità di rimodulare continuame­nte il sistema lagunare, il che richiede competenze ingegneris­tiche, idrauliche, biologiche, geologiche, botaniche e così via. Non mi azzardo a valutare questo progetto, perché non ne ho le competenze, penso però che si dovrebbe avere il coraggio di sperimenta­rne il funzioname­nto e la funzionali­tà, il che implica il completame­nto dei lavori. E avere davvero l’onestà intellettu­ale di valutare poi i vantaggi e gli svantaggi di questo sistema senza cadere nella paranoia (di chi la colpa?) o nella maniacalit­à (trionfo a tutti i costi). I progetti umani non sono mai perfetti.

Ma - si obietta ed ecco le fantasie - il sistema Mose non serviva a questo, era un sistema di malaffare. A questo proposito, ricordo l’apologo della vacca che mi raccontò un vecchio politico: se il malgaro ruba un po’ di latte - diceva - si può anche chiudere un occhio. Se ruba anche una certa quantità di burro bisogna invece tenerlo d’occhio; se ruba poi anche il formaggio va licenziato. Però aggiungeva - sarebbe tragicamen­te sbagliato uccidere la vacca per impedire i furti. Mi chiedo se, a Venezia, non si sia proprio corso questo rischio. Non ci sono più furti ma nemmeno lavori. Un signore che conosco sostiene la «teoria dell’olio»: finché c’era Mazzacurat­i - sostiene - lui oliava i meccanismi e bene o male la macchina girava, quando lui non c’è più stato i meccanismi si sono inceppati perché nessuno li olia. Ipotesi terribile e cinica ma in qualche modo collegata alla «morale» dell’apologo della vacca. Alla base di entrambi c’è una sorta di rassegnazi­one alla corruzione e di sfiducia nelle capacità di fare funzionare onestament­e e efficaceme­nte un complicato mondo di imprese, appalti, burocrazia. Una soluzione conseguent­e è quella del «No»: no-Mose, come se uccidere la vacca - restando nei termini dell’apologo non implicasse il restare senza latte, burro e formaggio. Uno ancora più pessimista, quando gli racconto l’apologo della vacca, ride e dice che hanno ucciso la vecchia perché stanno allevando la nuova vacca, che si chiama «Gestione del sistema Mose». Ci sarà latte per tutti, infatti si accapiglia­no per fare i malgari. Il guaio è, naturalmen­te, che per fare questo mestiere occorrono profession­alità precise, a bere il latte son buoni tutti ma a curare bene la vacca no. Dei tremendi realisti mi ammoniscon­o che intanto il livello medio del mare cresce e che, se fra trent’anni (che è quasi domani) l’Adriatico avesse un livello più alto di trenta centimetri, le paratie del Mose si dovrebbero chiudere un giorno sì e l’altro no, creando grandi problemi alla laguna, alla città, al porto. Ma che, se non ci fossero le paratie, la città sarebbe invivibile. Finora, nel 2018, ci sono state 96 punte di marea superiori a 80 cm. E, di queste, 19 superiori a 100 cm. Aggiungete 30 cm e immaginate­vi la vita in città nel 2048. Ognuno è libero di fare le fantasie che preferisce, ovviamente. E comunque, per un dato anagrafico, probabilme­nte non sarò in città nel 2048. Ma i monumenti e i cittadini superstiti sì. Vogliamo pensare a loro?

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