Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Nemica solitudine, gli uomini ne soffrono di più
Scrittori, giornalisti e filosofi per la nuova malattia del secolo: «Colpisce pure i giovani»
«La morte non arriva con la vecchiaia ma con la solitudine». Questa frase di Gabriel Garcia Marquez ben traduce il complesso quadro clinico, sociale, spirituale e antropologico tracciato ieri nel Convegno Nazionale «Nemica Solitudine. Analisi e proposte per vincere la solitudine dell’anziano» organizzato a Padova dall’Associazione Italiana di Psicogeriatria con il centro studi Alvise Cornaro.
In una Sala dei Giganti gremita, a palazzo Liviano, ne hanno parlato giornalisti, scrittori, filosofi e musicisti. Una platea partecipata, segno che la solitudine è un argomento che sta a cuore a molti, un problema sempre più diffuso. Ne è emersa una riflessione ad ampio raggio su quella che la medicina ormai definisce come la «nuova malattia del secolo» grazie anche alla tavola rotonda organizzata dall’ordine dei giornalisti e che ha visto come protagonisti Maurizio Paglialunga, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto, Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto e Roberto Papetti, direttore del Gazzettino, moderati da Paolo Brinis, giornalista Mediaset: «I numeri sono severi - spiega il prof. Diego De Leo, promotore del Convegno - la maggior parte degli anziani soffre la solitudine. Si stima che il 40% dei 75enni non abbia familiari o amici a cui rivolgersi. E spesso chi vive solo non ha nemmeno il vicino di casa a cui rivolgersi». Caso emblematico, discusso dai direttori Russello e Papetti quello dell’anziano professore veneziano ritrovato in casa mummificato dopo sette anni. Sette lunghi anni in cui nessuno si è accorto della sua assenza.
Viene da chiedersi allora: che fine ha fatto oggi la comunità? E se è pur vero che l’emergenza anziani non è recepita dalla politica, c’è un’altra tremenda solitudine che, a dispetto del gap generazionale, unisce tragicamente due antipodi: la solitudine dei giovani. Un esempio ne sono gli Hikikomori, letteralmente «gli isolati», ragazzini giapponesi che entrano nella spirale del mondo virtuale, assorbiti dalla rete, dai social, dai video giochi. Così divorati da interrompere ogni relazione, persino quella con i genitori, e rinchiudersi dentro alla propria stanza, a volte senza neppure bere o mangiare per giorni. Senza andare in Giappone, secondo le stime dell’Istat il 60% dei giovani italiani soffre di solitudine. Oltre a pc, film e video non riesce a stabilire altre forme di contatto. Estremi tragici che si incontrano. Eppure, giovani e anziani possono anche creare sinergie virtuose, come spiega Alessandro Russello, da poco direttore anche del Corriere di Bologna: «Bologna ha una vita quartierale molto importante e bene stanno facendo anche istituzioni e amministrazioni per far avvicinare e dialogare anziani e giovani. Di questi esempi positivi ho deciso di parlare diffusamente nel mio giornale, perché queste buone pratiche servano da esempio. E perché il giornale è ancora un grande veicolo catalizzatore». «Il rito del caffè e della lettura del giornale è ancora imprescindibile per gli anziani – dice Roberto Papetti, direttore del Gazzettino – tanto che io sto combattendo una battaglia affinché si scriva in italiano, riducendo il più possibile i termini inglesi che molti anziani non capiscono».
Una politica sociale seria deve prevenire i danni fisici e psicologici della solitudine: «Sono gli uomini a soffrirne di più, e il problema aumenta con l’età – spiega il professor Trabucchi, Presidente AIP - Se le donne riescono anche nell’invecchiamento a ritrovare un ambiente ed una collocazione sociale, l’uomo sembra fare più fatica ad esternare le sue difficoltà. Per questo la migliore strategia è quella della famiglia. Ma non meno importante è una strategia culturale, che insegni ai cittadini che non si vive bene da soli. La “beata solitudine” è davvero rarissima: frequentissima, invece, la solitudine patogena, che porta le persone ad ammalarsi». «La solitudine è la possibilità dell’individuo di stare sul bordo vertiginoso dell’abisso – spiega Russello – e grazie a questa caduta o elevazione, diventa nemica o amica».