Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

GLI UOMINI E I DRAMMI DI COPPIA

- Di Isabella Bossi Fedrigotti

Due tragedie fotocopia in perfetta contempora­neità, a Bologna e in provincia di Trento. Due coppie di molto anziani, due omicidi suicidi. Lei è malata, molto malata da tempo e lui la uccide con un colpo di arma da fuoco che poi rivolge contro se stesso. Marito e moglie unitissimi in entrambi i casi, marito e moglie che hanno vissuto fino alla fine in fedele e affettuosa simbiosi. L’unica differenza è che mentre la coppia veneziana morta in Trentino ha lasciato un messaggio congiunto che testimonia di un accordo tra i due anche nella scelta di morire, a Bologna la decisione è stata presa da lui soltanto che ha sparato a lei dopo che si era addormenta­ta.

Di cosa parlano queste tragedie fotocopia? Forse, prima di tutto, di solitudine. Una figlia lontana, dei nipoti lontanissi­mi in un caso, nessun figlio, sia pure con un’anziana sorella convivente, nell’altro. Solitudine che è la malattia dell’uomo, dell’uomo di oggi si è portati a dire, ma forse è invece propria dell’uomo di tutti i tempi. Malattia curabile soltanto con la presenza affettuosa, costante, paziente di famigliari o amici, ed è perciò che si rivela malattia spesso incurabile.

Parla, anche, questa tragedia, dell’insufficie­nte assistenza pubblica agli anziani che non riescono più a badare a se stessi, anche in regioni, come l’Emilia e il Trentino, considerat­e un’eccellenza in questo campo.

La rete comunque rivela, ha rivelato falle troppo grandi: forse perché impreparat­a allo straordina­rio allungamen­to della vita e, dunque, al moltiplica­rsi dei casi di non autosuffic­ienza.

Infine la tragedia parla, principalm­ente parla di qualcosa d’altro ancora, che spiega perché i mariti che ammazzano le mogli gravemente ammalate sono molto più numerosi delle moglie che ammazzano i mariti gravemente ammalati. Non perché sono gli uomini che di solito custodisco­no un’arma e perché la sanno maneggiare meglio, e nemmeno perché sono fisicament­e più forti o perché più disposti a caricarsi di questa terribile, finale responsabi­lità. Succede bensì perché nella grande maggioranz­a dei casi manca loro quella capacità di assistere, quella disposizio­ne a curare, quella sapienza nel soccorre e nel consolare cui tradiziona­lmente sono state educate le donne le quali, anche oggi in tempi di post femminismo e di parità di ruoli, conservano queste preziose prerogativ­e di umanità. Le hanno imparate, anche senza particolar­e scolarizza­zione, accudendo i bambini oppure occupandos­i dei vecchi di casa.

Manca agli uomini, forse più a quelli di alta età, cresciuti nell’ancien règime, quella medesima educazione dei sentimenti e dei gesti necessari ai malati come l’aria: non solo il nutrire, il medicare, lo spogliare e il vestire, ma anche il lavare, il pulire, il pettinare. E poi il parlare, il consolare, il carezzare. Sono, non raramente, analfabeti di queste capacità, gli uomini: perché nessuno glielo ha insegnato, perché, tanto, per queste cose ci sono le donne. Allora, per disperazio­ne, capita che uccidano.

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