Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Borsa, veneto il primo esordio 2019 «Sicit raddoppierà in quattro anni»
La società del distretto conciario scelta dalla Spac SprintItaly, che investe 100 milioni
VICENZA Borsa, il Veneto inaugura a sorpresa gli esordi del 2019. Con il lancio sul listino Aim di un altro dei piccoli gioielli industriali nascosti a Nordest, che sfrutta, per tagliare i tempi, la fusione con una Spac, un veicolo d’investimento già quotato che «prende a bordo» una società per portarla in Borsa e sostenere un programma di sviluppo da 50 milioni di investimenti, di cui 30 dall’operazione, che la farà raddoppiare in quattro anni.
L’impresa scelta dalla Spac SprintItaly promossa dal finanziere Gerardo Braggiotti, che investe 100 milioni, secondo l’accordo di fusione approvato l’altro ieri, è Sicit, l’azienda vicentina del distretto della concia, che produce biostimolanti usati in agricoltura e ritardanti per la lavorazione industriale del gesso a partire dagli scarti delle concerie. Sia organici all’inizio del processo di lavorazione, trasformati nello stabilimento di Arzignano, sia dalle rasature che a fine processo portano le pelli conciate a uno spessore uniforme, lavorati in quello di Chiampo.
Il prodotto e l’azienda che ne risulta è tutt’altro che banale; come d’altra parte dimostra la stessa scommessa fatta dalla Spac. «Siamo il maggior produttore al mondo di biostimolanti di origine animale per il mondo vegetale, sempre più ricercati per rendere più resistenti le piante agli stress, dal caldo al freddo, dalla siccità alle bombe d’acqua - spiega l’amministratore delegato, Massimo Neresini -. Ma siamo anche stati di fatto i promotori mondiali degli additivi che permettono la lavorazione del gesso per l’edilizia, ritardandone l’indurimento».
Sicit ottiene 54 milioni di euro di ricavi l’anno, per il 70% all’estero, e 22 di Ebitda, senza debiti e con flussi di cassa stabili di 15 milioni di euro, per oltre la metà provenienti dai biostimolanti ceduti ai colossi mondiali dell’agronomia e dell’agrochimica (da Syngenta a Bayer a Basf), per il 30% dai ritardanti per il gesso e per il 15% dai grassi animali semi-lavorati per il biocombustibile.
Nata nel 1960, 115 dipendenti che lavorano il materiale conferito da tutte le concerie del distretto ma anche di quelle di Brasile, Spagna e Francia, due società commerciali in Cina e negli Stati Uniti, Sicit è di proprietà di 33 tra imprese e imprenditori del distretto vicentino raccolti in Intesa Holding, guidato da un patto che blinda il 51,4% delle azioni intorno a sei imprenditori (Rino Mastrotto, 21%, Walter e Mario Peretti, 14,6% e 1,8%, Gianfranco Dalle Mese con la Conceria Montebello, 2,7%, Riccardo e Gaetano Grotto con la Sirp, 12,5%) a cui si affianca come azionista rilevante il gruppo di Santo Mastrotto, con il 7,8%. Che hanno ora scelto rapidamente la strada della Borsa, a fianco dell’advisor Banca Finint, con il team guidato dall’Ad Luciano Colombini e da Francesco Lorenzoni.
«Abbiamo di fronte la sfida mondiale del rapido sviluppo dei biostimolanti, che crescono a una media del 13-15% l’anno. È un treno in corsa su cui dobbiamo salire rapidamente», sostiene Neresini. Il risultato è un piano di investimenti da 50 milioni, per potenziare la produzione ad Arzignano e impostare un nuovo stabilimento in Sud America, per raddoppiare quello di Chiampo ed entrare a piedi uniti in quei mercati. «Investiremo 30 milioni - aggiunge l’Ad -. Abbiamo in corso le valutazioni per la localizzazione. Rapide: la decisione va presa quest’anno, la costruzione iniziata il prossimo e la produzione avviata tra 2020 e 2021».
Chiari gli obiettivi: «Vogliamo raddoppiare produzione e ricavi - dice il manager - salendo oltre i cento milioni in quattro anni, anche grazie a prodotti innovativi come i biostimolanti a rilascio lento e ad altre produzioni particolari. Ma abbiamo anche studi del nostro reparto ricerca e sviluppo con le università di Milano, Verona, Padova e Udine, e stimoli su tessile, bioplastiche e coloranti. Possiamo davvero non porre limiti alla crescita».
E il progetto di approdare in Borsa con una Spac? «È nato parlando con i manager e la proprietà - spiega Colombini -. L’obiettivo strategico dell’operazione è che Sicit continui a lavorare nell’interesse del distretto ma anche mettere in circolazione le azioni della società, richieste da molti operatori che desideravano entrare. Volevamo garantire anche la continuità di governance e manager. Più che su un fondo d’investimento, abbiamo puntato sulla soluzione Spac, che taglia i tempi d’ingresso in Borsa, selezionata da Banca Finint con un beauty contest. Ci abbiamo lavorato duramente per un anno: siamo orgogliosi del risultato». Senza contare che l’ingresso in Borsa con un veicolo già quotato protegge dai rischi di una fase poco favorevole quale l’attuale, tra prezzi di partenza troppo bassi e rischi di Ipo che saltano.
Il risultato approvato l’altro ieri prevede che SprintItaly paghi per acquisire il 60% di Sicit
70 milioni ai soci di Intesa Holding, che scenderà al 40%, ma che resteranno al comando con la quota di maggioranza relativa, pur se la società a questo punto diventa in prospettiva contendibile. Gli accordi hanno stabilito impegni di blocco della vendita per 4 anni delle azioni dei soci di Intesa Holding e del 51,4% del patto di sindacato. Altri 30 milioni serviranno a rafforzare il capitale della società. Approvato dalle due assemblee il progetto di fusione, che attribuisce a Sicit un valore di 190 milioni postaumento di capitale, le azioni di SprintItaly in Borsa (oggi a
9,56 euro, rispetto ai 10 di partenza) esprimeranno la quotazione di Sicit a giugno.
Subito 30 milioni su un nuovo stabilimento in Sud America Colombini
Garantito il ruolo nel distretto e la continuità al vertice