Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Regione padrona in laguna tra i mugugni
L’autonomia avvicina le stanze del potere ma a Venezia non basta. Da Brugnaro a Bettin, tutti gli scontenti
Anche Venezia vuole la sua autonomia ma la Regione la concederà, eventualmente, solo sul piano operativo e gestionale. «La cabina di regia resta regionale», mette in chiaro il vicegovernatore Gianluca Forcolin. E La bozza parla chiaro su chi comanda in laguna e su chi prenderà le decisioni sulla salvaguardia. Tanto che più di qualcuno parla già di ne0centralismo.
VENEZIA Anche Venezia vuole la sua autonomia ma la Regione la concederà, eventualmente, solo sul piano operativo e gestionale. «La cabina di regia resta regionale», mette in chiaro il vicegovernatore Gianluca Forcolin. Non è esattamente quello che chiede il sindaco Luigi Brugnaro, che in una recente intervista al Corriere del Veneto ha ribadito: «Come il Veneto chiede l’autonomia, auspico che ci sia il riconoscimento dell’autonomia anche per alcune materie del Comune». È pure scritto nero su bianco nel «Piano Strategico della Città metropolitana» approvato a luglio: «È indispensabile che la rappresentanza istituzionale della città sia coinvolta direttamente nelle nuove forme di autonomia del Veneto — dice Brugnaro —. L’effettiva autonomia funzionale amministrativa non può che essere contestuale, tanto per la Regione che per la Città metropolitana».
Un auspicio rimasto lettera morta, perché la Regione si è tenuta stretta la delega sull’urbanistica. Poi però il presidente Luca Zaia e Brugnaro hanno fatto passi avanti, quando il primo ha suggerito l’esenzione di tutti i veneti dalla tassa di sbarco e il sindaco ha recepito. Ora a Ca’ Farsetti e a Ca’ Corner pensano che invece di andare a Roma ogni volta per rifinanziare la legge speciale, sia un vantaggio andare a Palazzo Balbi. E confidano che la Regione mostri magnanimità istituzionale, delegando le competenze sulla salvaguardia. Che andranno tutte a Palazzo Balbi, lo dice la bozza di accordo sull’autonomia all’articolo
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35: la potestà legislativa e amministrativa della legge speciale del 1973 («Venezia è una questione di preminente interesse nazionale») passa alla Regione con tanto di bonifiche, salvaguardia, programmazione, pianificazione e gestione attraverso il Provveditorato alle opere pubbliche. Non è chiaro se d’ora in poi Venezia diventerà una questione di preminente interesse regionale, ma è chiaro che Palazzo Balbi vuole la salvaguardia senza il Mose (e infatti è uno dei punti controversi, perché il ministero ritiene che dighe mobili e salvaguardia siano inscindibili). E vuole ritagliarsi il ruolo di controllore con una commissione mista con Arpav, Città Metropolitana e altri, che controlli se l’opera funziona e se non danneggia la laguna.
La commissione, a quanto pare, dialogherà con chi gestirà il Mose: sarà l’organismo che spinge il bottone rosso che fa alzare le paratie, ma qualunque problema venga fuori, saranno affari dello Stato.«Il Mose ha delle problematiche che vanno valutate: se qualcuno non lo voleva, aveva le sue buone ragioni», riflette il deputato della Lega Sergio Vallotto. E Forcolin spiega come funzionerà l’autonomia delegata: «L’idea di Zaia è avere l’autonomia per il coordinamento e la programmazione. Le deleghe operative possono poi essere delegate alla Città metropolitana se è in grado di gestirle con velocità, competenza ed efficacia. Ma la cabina di regia è regionale». «Neocentralismo regionale: el leon (Veneto) che magna el leon (Venezia)», attacca Gianfranco Bettin. «L’autonomia può tradursi per Venezia in una perdita secca di poteri e sovranità sulla sua laguna. Il Comune di Venezia, la Città metropolitana devono farsi sentire con il governo e il Parlamento, oggi, subito, senza svenderla al prezzo di possibili alleanze elettorali (fucsia-Lega, ad esempio)».
«Questa proposta sposta tutti i poteri dallo Stato alla Regione ed espropria città di poteri e competenze e così siamo al punto di partenza», concorda il deputato dem Nicola Pellicani. Che aveva presentato un disegno di legge per la riforma della legge speciale, ipotizzando un’agenzia tra Stato, Regione, Comune e Città metropolitana per la gestione della salvaguardia e del Mose. «Al centralismo romano dispersivo ed elefantiaco preferisco sempre il centralismo veneziano regionale, che ha dato dimostrazioni di efficienza», rintuzza il vicegovernatore. Dal M5S il deputato Alvise Maniero è in posizione mediana: «Mi piacerebbe vedere la tutela della specialità di Venezia garantita da norma di rango primario nazionale, ma abbiamo visto com’è andata. Capisco si voglia cambiare tutto, però forse bastava una maggiore vigilanza».
Brugnaro La Città metropolita na va coinvolta nell’ autonomia