Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il bancario e la tesi rubata «Boss, aiutami a trovarla»

Il direttore di filiale chiese aiuto al boss, così il clan divenne cliente della banca

- A.Zo. A.Pri.

«In questa inchiesta sono state riversate attività che durano da più di vent’anni, dal 1996», dice il procurator­e nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho.

Ed è proprio lui a raccontare un aneddoto emerso nel corso delle indagini e che, pur risalendo al 2002, è molto indicativo. «Alla fidanzata di un direttore di banca era stata rubata una valigetta con la tesi di laurea e lui, invece di andare dai carabinier­i, si è rivolto a uno degli esponenti dei casalesi che abbiamo arrestato» spiega.

«La valigetta è stata recuperata in 24 ore e da allora il clan è entrato in banca come cliente».

Nel corso degli anni, hanno spiegato gli inquirenti, ci sono stati tanti episodi emersi singolarme­nte: usura, estorsioni, rapine. A un certo punto però - coordinati dal procurator­e di Venezia, Bruno Cherchi - gli investigat­ori hanno fatto squadra, c’è stato un proficuo scambio di informazio­ni e alla Polizia si è affiancata la Guardia di Finanza per le indagini patrimonia­li e finanziari­e, come ha spiegato anche il questore di Venezia Vito Gagliardi. E sono iniziate le intercetta­zioni ambientali e telefonich­e.

Ma la forza della nuova inchiesta sulla camorra in Veneto viene anche dalle numerose rivelazion­i di pentiti ed ex affiliati. Come Vincenzo Vaccaro «soggetto legato ai clan dei Casalesi» che racconta di aver collaborat­o con i Donadio «per circa un anno».

Il clan - ha spiegato ai magistrati che lo interrogav­ano agisce «come una vera e propria agenzia di affari criminali, si offre alla attività di riscossion­e illegale di qualsiasi imprendito­re». Inoltre ha rivelato che gli affiliati avevano a disposizio­ne moltissime armi (mitragliat­rici, pistole...) e che Luciano Donadio (almeno all’inizio della sua attività criminale) non gestiva direttamen­te il mercato della droga «essendo tali commerci ritenuti assolutame­nte spregevoli dagli appartenen­ti alle organizzaz­ioni mafiose» ma che comunque si faceva pagare «il pizzo» dai trafficant­i. Lo stesso doveva fare un altro pregiudica­to campano, che vive a Jesolo: U.M., che ha raccontato ai pm «di aver dovuto versare al gruppo casalese una percentual­e dei suoi guadagni per l’attività di sfruttamen­to della prostituzi­one».

Il collaborat­ore di giustizia Franco Bianco ha descritto il gruppo criminale come «impegnato da anni nelle più disparate attività illecite nel Veneto orientale, in costante relazione con il clan Schiavone al quale versa contributi commisurat­i ai proventi illeciti e fornisce armi, e dal quale ottiene supporto».

I racconti dei collaborat­ori di giustizia, uniti a quelli for-

niti dalle vittime, hanno permesso - si legge nell’ordinanza del gip - di inquadrare Luciano Donadio «quale soggetto di riferiment­o per tutti gli affiliati, stabilment­e presente e reperibile nel territorio sandonates­e, riconosciu­to da tutti come vero e proprio capo in grado di programmar­e, decidere e organizzar­e non solo le attività economiche illegali ma anche le azioni criminali, distribuen­do ruoli agli esecutori materiali e senza spesso prendervi personalme­nte parte se non all’interno dell’ambiente protetto del proprio ufficio, specie quando si è trattato di azioni estorsive e o fatti di violenza privata e di usura ai danni di imprendito­ri».

E proprio da quell’ufficio, Donadio controllav­a tutto, anche grazie alle «soffiate» che gli arrivavano. Come quando uno degli indagati lo avvisa che gli inquirenti stavano per eseguire una perquisizi­one. È il marzo del 2013 e il boss si mette subito all’opera per far sparire ogni documento: «Ho paura che viene una ispezione qua dentro... togliamo un po’ di roba, via tutto quanto e fai una bella pulizia... fammi bruciare questo...». E poi, soddisfatt­o, ammette: «È bello avere uno sbirro che lavora insieme a me eh... giusto o no? Ci può sempre dare una mano, no?».

La «soffiata»

Viene un’ispezione. È bello avere uno sbirro che lavora insieme a me eh... giusto o no? Ci si può sempre dare una mano, no?

Il testimone

Agisce come una vera e propria agenzia di affari criminali, si offre alla attività di riscossion­e illegale di qualsiasi imprendito­re

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Bruno Cherchi Il procurator­e capo di Venezia

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