Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
La vittima diventata carnefice e il poliziotto delle soffiate
La rete del clan era composta da insospettabili professionisti
VENEZIA Da vittime del «sistema» casalese, intimidite e picchiate a scagnozzi della camorra sul litorale. Sono molti i professionisti, gli imprenditori, gli insospettabili che dopo un apprendistato di minacce e paura, sono passati dalla parte del clan.
La parabola classica è incarnata da Graziano Poles che insieme alla figlia Daria e alla moglie Ornella Zucchetto aveva creato una società occulta attorno alla quale gravitavano altre 11 società, costruita su debiti bancari per decine di milioni mai restituiti: un buco di 7,5 milioni che ha portato ad un procedimento per bancarotta fraudolenta. Il grande sprofondo è stato confermato due anni fa dalla Cassazione e nella galassia c’erano l’Hotel Victory, che l’allora sindaco Graziano Teso aveva cercato di «piazzare» a tre imprenditori in cambio di autorizzazioni edilizie e concessioni, e la «Piscina srl» che faceva la manutenzione della vasca dell’ex Ranch di Tessera e che il Casinò di Venezia aveva acquisito come serbatoio in caso d’incendio. Tutte le società, dice l’ordinanza, erano in parte controllate dal «Sistema» di Donadio e soci.
Pure l’imprenditore padovano Giorgio Minelle, 61 anni, oggi titolare di Soluzione Mipa a Padova, ha avuto il battesimo con un prestito dall’organizzazione a tassi dell’84% annui e infatti nelle carte dell’inchiesta risulta sia vittima che indagato. Dopo minacce e notti perse a pensare come uscire dall’incubo, la sua attività «La boutique della nuova piastrella» passò in breve a Donadio. Poi Minelle, secondo l’accusa, insieme a Vittorio Orietti, 70 anni, di Galzignano, usò i metodi muscolari del clan per farsi dare centomila euro dall’imprenditore Domenico Chiapperino.
Uno dei nomi clamorosi dell’inchiesta è quello di Annamaria Marin. Presidente della Camera penale veneziana, difende da sempre Luciano Donadio e secondo l’accusa gli avrebbe fatto avere nel corso degli anni svariate informazioni su altri indagati o arrestati che avrebbero potuto metterlo in difficoltà. La moglie del pregiudicato Tommaso Napoletano, Tatiana Battaiotto di San Donà,
43 anni, in cambio di assistenza economica durante la carcerazione del marito, passava informazioni avute durante i colloqui in carcere. Un altro legale che per misura cautelare non può più esercitare è Emiliano Alberto Pavan,
46 anni, di San Donà: nell’inchiesta è indicato insieme all’ex calciatore albanese dell’Eraclea Calcio Hyso Erges, 27 anni, e a Milva Zangrando, 57 anni di Torre di Mosto, direttrice della Ma Consulting, tra i protagonisti delle intimidazioni nei confronti dell’imprenditore Paolo Zago che voleva acquistare all’asta un immobile ma fu dissuaso dal proporre rilanci: la Zangrando e Angelo Di Corrado se lo aggiudicarono a 55 mila euro.
L’altro nome eccellente è quello di Samuele Faè che qualche giorno fa si è fatto notare tra le vittime alla maxiudienza preliminare a carico del trader di Portogruaro Fabio Gaiatto per una perdita di
6 milioni: secondo l’accusa, Faè apriva per i Casalesi i conti in Svizzera e in Città del Vaticano. Il clan ha goduto di grande assistenza bancaria. Denis Poles, 47 anni, responsabile della filiale Montepaschi a Musile di Piave, permetteva ai dirigenti del «Sistema» di usare conti dei quali non erano intestatari, non segnalava le operazioni sospette, suggeriva loro nomi di nuovi prestanome e operazioni per emettere fatture false attraverso cartiere. Marco Donati è stato il consulente finanziario del Banco di Brescia ad Oderzo fin quando la direzione non ha scoperto che faceva operazioni non totalmente limpide per conto del clan. Tra gli indagati c’è pure il consulente Angelo Di Corrado, che l’altro ieri stato rinviato a giudizio a Venezia per firme false per costituire in Veneto le liste elettorali di Intesa Popolare nel 2013.
L’area di centrodestra è coinvolta pure con Emanuele Zamuner, già candidato nel
2013 con la lista Noi per San Donà a sostegno del candidato Gianni Corradini, che avrebbe convinto Donadio a portare voti a Mirco Mestre in cambio di favori. La posizione più complessa è quella del poliziotto Moreno Pasqual, sandonatese, che al clan avrebbe dato assistenza alla pratica per l’apertura di una sala scommesse e fatto ricerche nel database della polizia sulle posizioni di ciascun componente del sistema in cambio di favori. Cercava anche notizie sulle indagini che lo riguardavano.
Il «consulente» Samuele Faè era l’uomo dei conti all’estero. Ha perso 9 milioni con Gaiatto